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Bilancio di fine stagione
Pubblicato da marco il 01/02/2008 alle 13:34:42, in Notizie sparse, letto 1403 volte
Il 31 gennaio termina la stagione di caccia

Ecatombe anche di esseri umani per lo scarso rispetto delle norme di sicurezza
Il bracconaggio resta fuori controllo in diverse aree del Paese, mentre le Regioni pensano solo alle deroghe per eludere le direttive comunitarie.

54 morti e 76 feriti sono il corollario di una stagione venatoria ove il rispetto delle norme di sicurezza, oltre che della fauna protetta è ancora una chimera.

I cacciatori italiani sono passati dai 2 milioni degli anni ’60 ai circa 700.000 di oggi, ed un’attività ormai oggetto del disprezzo della maggioranza degli Italiani, di scarso interesse per i giovani d’oggi, cerca di sopravvivere ai propri errori invocando assurde deregulations , anziché concorrere alla salvaguardia del patrimonio faunistico e degli habitat.

I dati della stagione di caccia che volge alla fine attestano una sequenza impressionante di fatti di sangue o altri incidenti di caccia: 54 morti e 76 feriti per episodi correlati all’impiego di armi da caccia o all’esercizio venatorio (10 morti e 16 feriti per la sola caccia al cinghiale); 2 morti (di cui 1 minorenne) e 21 feriti tra cittadini comuni non dediti alla caccia (lavoratori vari, agricoltori, passanti).

Anche l’alto numero di cacciatori colpiti da infarto nella zone di caccia (21 morti e 2 ricoveri), mentre vagavano con armi cariche, dimostra la frettolosità degli esami medici per il rinnovo delle licenze, e l’inadeguatezza del Decreto del Ministero Sanità del 28/4/1998 sui requisiti psicofisici per esercitare la caccia, che nulla prescrivono o vietano in caso di malattie cardiovascolari.

Non è garantito che maggior rigore venga prestato al preliminare accertamento di turbe psichiche, questo obbligatorio, stanti le tragedie avvenute negli ultimi anni connesse all’uso a fini di violenza privata di armi da caccia.

L’insufficienza dell’attività di vigilanza non riesce ancora a contrastare alcune importanti sacche di bracconaggio, come nella provincia di Brescia, nei laghi costieri pugliesi, in Sardegna e nelle lagune venete, compreso in special modo il Delta del Po, nelle piccole isole tirreniche e siciliane, ove imperversano l’abbattimento di esemplari di specie protette, il mancato rispetto dei limiti di carniere, l’impiego di mezzi non consentiti (come trappole, lacci, uso di richiami acustici a funzionamento elettromagnetico).

Ancora inattuato dalle Regioni il divieto di impiego di pallini di piombo nella caccia in zone umide, previsto dalla legge 66/2006. Sono sempre in corso due ulteriori procedure di infrazione comunitaria, avviate dalla Commissione UE, su violazioni da parte di 13 Regioni della Direttiva 79/409 CEE sulla protezione degli uccelli selvatici, per la caccia in deroga a specie protette (come fringuelli, peppole, passeri).

Lega Abolizione Caccia
Ufficio Stampa