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Lo sostenne l'Fbi negli anni 70 e oggi lo conferma il team del progetto "Link-Italia"
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«I serial killer sono bambini a cui non è stato detto mai che è sbagliato cavare gli occhi a un animale». A dirlo in termini lapidari fu Robert Ressler, investigatore e criminologo del Fbi che negli anni 70 coniò la definizione stessa di serial killer. Una lunga tradizione anglosassone di studi sul rapporto tra il maltrattamento sugli animali e il crimine violento, mai approfondita in Italia, è ora oggetto di riflessione del progetto Link-Italia, lanciato da un team formato da operatori sociali, psicologi, psichiatri e avvocati. L'obiettivo è in primis la raccolta di dati su un fenomeno di forte evidenza e gravità, ma scarsamente o per nulla valutato nelle azioni investigative e di prevenzione del crimine. Infatti laddove i dati sono stati raccolti, il maltrattamento di animali è apparso come un vero e proprio tirocinio di violenza contro le persone: più del 70% delle donne che hanno subito abusi domestici ha dichiarato che il marito aveva prima ferito o ucciso l'animale di casa, il 50% degli stupratori confessa di aver maltrattato animali durante l'adolescenza. Esistono anche luoghi, come Sidney, dove la polizia ha verificato negli anni che nella totalità degli omicidi a sfondo sessuale gli aggressori avessero avuto storia di maltrattamento di animali.
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«Eppure - è il commento di Francesca Sorcinelli, educatrice professionale e specializzanda in criminologia che coordina il progetto Link - si tratta di ricerche sinora solo retrospettive, svolte nei paesi anglosassoni, su un argomento che in Italia è quasi sconosciuto. Ma per chi lavora in questo settore il collegamento tra la violenza sull'animale, percepito come soggetto debole, e quella su donne e bambini è assolutamente evidente. Lo scopo del nostro lavoro è far capire l'importanza della risposta che il mondo adulto dà alle manifestazioni di violenza contro gli animali da parte degli adolescenti: bisogna rendersi conto che l'atteggiamento di indifferenza che comunemente si ha verso questo tipo di prevaricazioni non trasmette un messaggio di neutralità, ma viene invece percepito dal ragazzo come complice e giustificatorio. Ai suoi occhi, sono i soprusi in quanto tali ad essere legittimati. E da quel momento la possibilità dell'abuso rischierà di sofisticarsi e ampliarsi ai soggetti umani, fino a costituire una vera e propria abitudine alla violenza».
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Il neonato progetto Link ha una serie di proposte concrete in cantiere: innanzitutto la creazione di un database sulla base dei modelli americani, poi la pubblicazione del primo manuale di investigazione sul legame tra crudeltà su animali e crimine violento, l'attivazione di corsi di formazione per operatori che si occupano di violenza interpersonale, l'ampliamento del network, già attivo, di centri di recupero per animali scampati alla violenza in casa. Già sono stati formalizzati accordi di collaborazione tra gli operatori di Link-Italia e l'istituto di alta formazione in scienze criminologiche di Mantova, alcune aziende Asl, associazioni che operano nelle carceri e comunità per minori e tossicodipendenti.
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Nello stesso ambito sta lavorando anche il Cnr con una ricerca che vedrà la luce tra qualche mese per evidenziare il rapporto eventuale tra gli atti di bullismo e il maltrattamento degli animali. «Il discorso è molto ampio - spiega Camilla Pagani, ricercatrice dell'istituto di psicologia del Cnr e autrice dell'indagine - infatti non solo esercitare violenza e restare impuniti, ma anche assistere a certi spettacoli può rappresentare un serio pericolo per l'educazione dei più giovani. E' per questo che abbiamo analizzato anche il fenomeno del circo e come psicologi ci siamo espressi in favore di una legge che vieti l'utilizzo degli animali in qualsiasi tipo di spettacolo. Sotto il tendone essi vengono caricaturizzati e ridicolizzati per divertire. E non c'è niente di peggio dell'ilarità dei grandi verso un sopruso, che viene già percepito come tale anche in età giovanissima: può avere un effetto devastante nell'interpretazione del mondo di una psiche ancora in via di maturazione».
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Leonora Pigliucci
Fonte: www.liberazione.it
09/04/2009