E’ più importante dire che “sono vegano” o ha più senso concentrasi sul “io non voglio causare la morte di altri Animali con le mie azioni e voglio far in modo che questo comunque non accada?”. Potrebbe sembrare una sfumatura ma non lo è: è la differenza tra esprimere una propria identità forte e far conoscere le proprie azioni. E non sempre le due cose coincidono. Possono esservi persone umane che si proclamano in un certo modo (cristiano, vegano, razzista) e fanno discendere da questa identificazione (e identità) il loro comportamento o meglio: ad un certo punto della loro esistenza tendono a dare più importanza all’aspetto identitario che all’agire ed alla riflessione sull’agire, “mi comporto così perché sono così”.Molto più ragionevole sarebbe dire “mi comporto così e quindi se volete per comodità identificativa potete chiamarmi così…”. Ed è in questo modo che noi intendiamo il prefisso del nome di questa pubblicazione: “Vegan-” è il termine migliore oggi per identificare ciò che facciamo (e ciò che non facciamo) e in parte le motivazioni di tali comportamenti.
A questo proposito ricordiamo che il 17 maggio scorso a Roma si è svolto un importante evento per le persone vegane, ovvero la prima edizione del Veggie Pride (Orgoglio Vegetariano / Vegano) in Italia (si tratta di una manifestazione nata nel 2001 in Francia) che è consistita in un corteo a cui hanno partecipato circa settecento persone secondo le stime degli organizzatori. Gli scopi della manifestazione sono quelli di “Affermare il nostro orgoglio di rifiutare di far uccidere Animali per il nostro consumo”, “Denunciare la vegefobia*”, “Affermare la nostra esistenza (di vegani/vegetariani)”, “Difendere i nostri diritti”.
Come si legge l’attenzione è focalizzata sulla persona umana detta vegana/vegetariana (”veggie”) come ben esplicita la ricorrenza di “nostro, nostra” e soprattutto il titolo della manifestazione. Per quanto sia ovvio per molti che la faccenda riguarda gli Animali**, da un punto di vista comunicativo l’attenzione è spostata dalla condizione animale alla condizione degli Umani vegani (la stessa critica la si può rivolgere anche ad altre manifestazioni e perfino alla Veganzetta stessa). Ma in questo modo, come già scritto, si tenta un rafforzamento di tale identità “veggie”, operazione questa più che legittima ma che ci porta incontro a quel grande rischio mediatico che è sempre in agguato: essere catalogati secondo le coordinate ed i modi di classificazione*** del sistema vigente e pertanto resi parte del sistema stesso, inglobati, “deglutiti”, tollerati o meno ma comunque collocati in un ambito specifico, come in una riserva indiana o in una “casa di tolleranza” (e come è eloquente questo termine!).
Non “persone che contrastano lo sfruttamento degli Animali” ma “vegani”, che potrebbe sembrare la stessa cosa, ma che non lo è agli occhi del mondo.
Andrea Furlan
* vegefobia: “Il vegetarismo viene negato, ignorato, schernito, emarginato, quando non diffamato”
** basti leggere a questo proposito il manifesto del Veggie Pride
*** gli extracomunitari, i borghesi, i vegani, i tossicodipendenti, le prostitute… Inoltre vi è da dire che l’iconografia scelta per il Veggie Pride ha delle connotazioni immediatamente riconducibili ad una ideologia di stampo comunista (il pugno alzato) che aggiunge altre identità “di sistema”: “vegani” come sottoinsieme dei “comunisti”, del resto però vi sono anche altri simboli (come il pugno alzato e la zampa alzata di Animal Liberation, ed i colori verde e nero riconducibili all’anarchismo) che possono essere interpretati in modo diverso, ma sempre fortemente connotanti a livello ideologico-politico.