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I pesci sono gli animali più massicciamente uccisi a scopo alimentare: miliardi e miliardi di abitanti del mare finiscono nelle reti ogni giorno. A miliardi, soffocano lungamente e silenziosamente, debolmente guizzando per ore, sotto gli occhi di tutti, nei mercati di tutto il mondo. Altri arrivano già morti, hanno boccheggiato sulle navi. Altri invece sono bolliti vivi. Altri fritti vivi, spellati vivi ecc...
E’ certo che i pesci hanno un sistema nervoso più che sufficiente a farli soffrire. Eppure non ci sono leggi e regole per la loro uccisione: a stento, esiste un decreto legislativo del tutto disatteso che stabilisce che “i prodotti della pesca immessi vivi sul mercato debbono essere tenuti costantemente nelle condizioni più idonee alla sopravvivenza”.
Perché questa disattenzione? Primo: non urlano. Così, la loro guizzante o artigliante agonia di morte può svolgersi sui banchi del mercato, sui moli, nei secchielli, cioè sotto gli orecchi e occhi di tutti. I macelli degli urlanti animali di terra sono da molto tempo spostati lontani dagli occhi e dagli orecchi, per non urtare le sensibilità e ridurre il consumo di carne. Secondo: gli animali di terra richiedono azioni – sgozzamento, pistole, scosse elettriche, anidride carbonica - per essere ammazzati I pesci, basta lasciarli fuori dall’acqua. Ci vorrà tempo, ma moriranno da soli.
I più sfortunati sono i pesci d’allevamento, che non hanno nemmeno diritto alla vita libera prima dell’esecuzione. Non ci sono regole per il “benessere” dei pesci allevati. E “allevare un salmone in una vasca è come mettere in gabbia una rondine” (Paul McCartney).