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 Sempre, bisogna pensare all'individuo di cui ci prendiamo cura
 Solo per i cuccioli, sono troppo deboli e senza intervento esterno rischiano di morire. Da adulti se la cavano
 Mai, i vaccini sono testati su molti altri animali e per salvarne uno se ne condannano molti altri
 No, non servono anche perchè la natura deve fare il suo corso
 Non so, non escludo la vaccinazione ma valuto di volta in volta

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Pubblicato da Piero il 24/01/2012 alle 14:23:03, in Diario di ValleVegan, letto 3735 volte
RIMANDATO CAUSA MALTEMPO! DATA DA DESTINARSI!
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Il coro polifonico Zenzerei per la Fondazione Vallevegan!
Il 12 febbraio a San Lorenzo, Roma.

Vi aspettiamo insieme al coro Zenzerei diretto da Laure Gilbert, con canti popolari dal mondo in polifonia, dalle ore 20 presso il ristorante SoulKitchen in via dei Sabelli 193,... nel quartiere di San Lorenzo.

Con la partecipazione del pittore Andy De Paoli che eseguirà ritratti a richiesta.

Tutt'insieme, durante la cena vegan (cioè senza ingredienti di origine animale), preparata da uno chef speciale, discuteremo del metodo dell'orto sinergico, dei campi anti caccia e di altro ancora.

Prezzo della cena e concerto è di 15 euro, che andranno in supporto del rifugio per animali liberi della Fondazione no-profit Vallevegan, a 6 anni esatti dalla sua creazione.

Per prenotazioni, chiamare il 3294955244
 
Pubblicato da Piero il 17/07/2011 alle 12:48:27, in Diario di ValleVegan, letto 4147 volte









Sabato 23 luglio 2011 il Canile Comunale di Roma Muratella  aperto dalle 10 a tarda notte

“Portami via con te” sotto le stelle

A Muratella, cani e gatti liberi contro la schiavitù animale

Adozioni, cucina vegana, proiezioni e musica: torna a Roma l’Adoptathon Day di AVCPP


ROMA – Per il quinto anno consecutivo, l’Associazione Volontari Canile di Porta Portese promuove a Roma un Adoptathon Day all’insegna delle adozioni dei cani e dei gatti ospiti dei canili comunali di Roma e di una cultura amica della vita e dell’amore.

Grazie ad OCSA – Organizzazione Contro la Schiavitù Animale e alla Fondazione ValleVegan, infatti, quest’anno il tema della giornata non saranno solo le adozioni e la cultura vegana che insegna a non uccidere o sfruttare nessun essere animale per alimentare l’essere umano. A Muratella andrà in scena anche il più ampio dibattito su come si può armonicamente convivere in un pianeta dove sia bandita ogni forma di schiavitù animale. Nel corso della giornata, dopo 7 ore dedicate alle adozioni e dopo un aperitivo ed un buffet interamente vegani, saranno proiettati filmati di sicuro impatto emotivo sui quali riflettere e per i quali discutere, perchè un altro mondo è possibile. Un mondo libero da ogni gabbia, da ogni forma di sfruttamento, ogni forma di schiavitù. Musica e dj set sotto le stelle a conclusione della giornata.

Il ricavato della pesca, della riffa, della distribuzione di gadget e magliette, del buffet a sottoscrizione andrà interamente a confluire nel “Fondo Donazioni  Specifico per le Spese Sanitarie presso i canili comunali di Roma” che consente ad AVCPP di farsi carico – dal novembre del 2008 – di quanto le ASL romane non riescono a garantire per la cura dei circa 2100 cani e gatti che ogni anno entrano nei canili romani.

L’ingresso è libero ma per evitare inutili sprechi è richiesta la prenotazione al 340 4556511

L’Associazione Volontari Canile di Porta Portese – AVCPP e l’Organizzazione Contro la Schiavitù Animale – OCSA presentano sabato 23 luglio 2011 la giornata dell’Adopthathon nel Canile Comunale Muratella, dalle 10 del mattino fino a notte.

Durante il giorno (dalle ore 10 alle ore 17) la struttura sarà aperta per permettere le adozioni dei cani e dei gatti presenti. A seguire aperitivo, buffet vegan a sottoscrizione, riffa e pesca, mostra fotografica, proiezione di video sulle tante forme di sfruttamento animale e, a chiudere, dj set e musica.










PROGRAMMA

dalle 10 alle 17 apertura al pubblico per le adozioni di cani e gatti

dalle 18.30 alle 19.30 aperitivo

dalle 19.30 alle 21.00 riffa

alle 21 buffet vegan a sottoscrizione (senza alcun alimento che comporti lo sfruttamento, la sofferenza e la morte di animali)

a seguire proiezione filmati e dj set

Per evitare sprechi vi preghiamo di confermare la presenza al 340 4556511

Canile Comunale Muratella

via della Magliana 856 – Roma
 
Pubblicato da Piero il 29/06/2011 alle 10:44:37, in Diario di ValleVegan, letto 7715 volte
VENERDI' 1 LUGLIO 2011

Venerdi' 1 luglio ORE 10,30 IN L.go Goldoni (via del corso) si terra'  una iniziativa di informazione e protesta per l'arresto dei 12 attivisti spagnoli per i diritti animali delle organizzazioni Animal Equality ed Equanimal. Con megafono, cartelloni e volantini saremo in prossimita'  dell'ambasciata spagnola a Roma e nel centro della citta' , dove avremo la possibilita'  di informare su quanto sta avvenendo in Spagna.

L'orario e giorno dell'iniziativa corrispondono con l'apertura al pubblico del consolato spagnolo al quale cercheremo di consegnare una lettera formale di protesta.

Gli attivisti sono stati arrestati il 22 giugno scorso con un'operazione che ha incluso l'uso di centinaia di poliziotti, in un'azione coordinata per criminalizzare il movimento per i diritti animali spagnolo sempre piu' crescente e sempre piu' in grado di portare a dei cambiamenti concreti per gli animali.

Queste persone sono accusate di aver liberato nel 2007 circa 20.000 visoni da un allevamento di animali da pelliccia nel nord del paese. Animal Equality e Equanimal sono due associazioni che da anni svolgono in Spagna un prezioso lavoro di documentazione e denuncia: con foto e filmati mostrano le condizioni degli animali detenuti negli allevamenti intensivi e da pelliccia e le loro sofferenze. Questi arresti pretestuosi sono dunque il risultato della pressione delle potenti lobbies degli sfruttatori di animali, le industrie della carne e della pelliccia, che tentano cosi' di fermare chi ha deciso di ostacolare pacificamente, con la sola forza delle immagini e della verita', i loro sporchi affari.

Chiediamo piu' diffusione possibile dell'iniziativa e partecipazione in nome degli attivisti a cui si vuole impedire di dare voce per conto di chi voce non ne ha, gli animali non umani.

OCSA - attivismo abolizionista per la liberazione animale

Per informazioni
Email: info@ocsanimal.org
Infoline: 370. 71.22.316





25 GIUGNO: IN SOLIDARIETA' CON GLI SPANISH 12

Sabato 25 giugno una cinquantina di persone si e' ritrovata per le strade del quartiere Trastevere, a Roma, per organizzare un'azione dimostrativa di sensibilizzazione sullo sfruttamento e le sofferenze degli animali uccisi dall'industria della carne. Mucche, galline, maiali, conigli, pesci: miliardi di individui sfruttati, torturati e uccisi a scopo alimentare. L'alternativa a questo sterminio è diventare vegan, uno stile di vita senza piu' sfruttare alcun animale, a cominciare dalle scelte alimentari.

Manifesti e pannelli fotografici, alcune persone sdraiate a terra coperte di vernice rossa a ricordare il massacro quotidiano di altri esseri viventi capaci di provare emozioni e sentimenti al pari di noi animali umani, mentre altre persone esponevano cartelloni sulla scelta vegan, sulla sfruttamento e sulla lotta allo specismo. Altri ancora volantinavano accuratamente Piazza Santa Maria in Trastevere, frequentata tanto da turisti stranieri quando da gente di Roma.

In sottofondo si alternavano un brano parlato che ricordava cio' che accade a milioni di individui sfruttati e un'altro con i rumori registrati di un mattatoio, dove quotidianamente e in maniera meccanica vengono ammassati, sgozzati e scuoiati (spesso ancora vivi) milioni di animali. Molte persone, italiane e straniere, si sono fermate, hanno raccolto materiale e sono state informate sulle sofferenze che in ogni settore (allevamento, pelliccia, vivisezione, caccia e pesca, circhi e zoo) l'uomo infligge agli animali.

La giornata di sabato non aveva soltanto lo scopo di denunciare il massacro quotidiano di animali e promuovere l'alternativa di uno stile di vita vegan, ma anche di esprimere la nostra piena e incondizionata solidarieta'  ai dodici attivisti di Animal Equality ed Equanimal arrestati il 22 giugno in Spagna. Queste persone sono accusate di aver liberato nel 2007 circa 20.000 visoni da un allevamento di animali da pelliccia nel nord del paese. Animal Equality e Equanimal sono due associazioni che da anni svolgono in Spagna un prezioso lavoro di documentazione e denuncia: con foto e filmati mostrano le condizioni degli animali detenuti negli allevamenti intensivi e le loro sofferenze. Questi arresti pretestuosi sono dunque il risultato della pressione delle potenti lobbies degli sfruttatori di animali, le industrie della carne e della pelliccia, che tentano cosi' di fermare chi ha deciso di ostacolare pacificamente, con la sola forza delle immagini e della verita' , i loro sporchi affari.

Le prime foto sono disponibili sul nostro album Flickr, quanto prima ne verranno aggiunte altre:
www.flickr.com/photos/ocsanimal/sets/72157626927544789/

Sara'  presto disponibile anche un video dell'azione dimostrativa.

LIBERTA' PER GLI SCHIAVI. LIBERTA' PER GLI SPANISH 12.
GO VEGAN.

OCSA - attivismo abolizionista per la liberazione animale









COMUNICATO UFFICIALE RIGUARDO AI 12 ATTIVISTI PER I DIRITTI ANIMALI ARRESTATI IN SPAGNA E ALL'APPELLO PER VENERDI' 24 GIUGNO COME GIORNATA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETA'

Dodici attivisti per i diritti animali sono stati arrestati questa mattina dalla polizia spagnola, con una serie di irruzioni promosse dal giudice magistrato incaricato delle indagini a Santiago de Compostela, in Galizia (Spagna).

Arresti e perquisizioni sono avvenute nelle case di attivisti delle organizzazioni Igualdad Animal/Animal Equality ed Equanimal nelle zone di Madrid, Asturia, Vizcaya e Galizia.

Quelli arrestati sono stati portati a Santiago de Compostela, dove sono state formulate le accuse di reati contro l'ambiente, disordine pubblico e associazione a delinquere. Il punto di partenza delle indagini sembrerebbe essere la liberazione di circa 20.000 visoni avvenuta nell'allevamento Visones Bermudez, a Santiago de Compostela, nel novembre del 2007. In base a questo è stato formulato il reato di danno all'ambiente.

Entrambe le organizzazioni hanno condannato pubblicamente la privazione della libertà, la tortura e il massacro di circa 300.000 visoni ogni anno in Spagna.

Questi arresti rappresentano un chiaro attacco dell'industria della pelliccia agli attivisti animalisti per aver esposto gli orrori della pratica degli animali uccisi con il gas, le mutilazioni, la sofferenza indotta dal vivere in cattività negli allevamenti. Questo due organizzazioni che defiscono chiaramente il loro attivismo come non-violento e che dedicano i loro sforzi per far aumentare l'attenzione pubblica sui diritti animali, informando la società sulle conseguenze del consumo di prodotti animali e la promozione di valide alternative. Inoltre, nonostante le organizzazioni non siano coinvolte nelle liberazioni di visoni, non condannano questo tipo di azioni poichè difendono gli interessi di tutti gli animali indipendentemente dalla specie e nessuno dei visoni sfruttati dall'industria pelliccia merita di vivere e morire in un allevamento.

Poichè non ci sono responsabili per le recenti liberazioni di visoni avvenute in Spagna, diversi membri di Equanimal e Igualdad Animal/Animal Equality sono stati arrestati con l'intento di criminalizzare il movimento per i diritti animali in Spagna, così come già accaduto in altre nazioni. Le 'lobbies' dello sfruttamento animale e le potenti multinazionali vogliono ostacolare il movimento animalista spagnolo e ciò che a cui stiamo assistendo è repressione.

Equanimal e Igualdad Animal/Animal Equality hanno tenuto due conferenze in contemporanea oggi 22/06/11 alle 20.00 a Madrid e Barcellona, in maniera tale da leggere un comunicato in risposta agli arresti dei dodici attivisti.

Oggi, giovedì 23 giugno, proteste pacifiche si terranno a Madrid e Barcellona, per dar possibilità a chiunque è contrario a questi arresti di mostrare il proprio sdegno verso ciò che è accaduto e dare solidarietà agli attivisti detenuti.

Per venerdi' 24 giugno lanciamo un appello per una giornata internazionale di solidarietà per gli attivisti spagnoli.

Per favore prendete in considerazione una protesta di fronte alle ambasciate spagnole e nel centro della città venerdì 24 giugno per supportare gli attivisti!

Qui c'è una lista completa di ambasciate e consolati:

http://www.offshorewave.com/embassies_show.php?country_id=193

 

Per favore mandate resoconti e foto a info@animalequality.net, in modo tale da pubblicarle sul nostro sito.

Il supporto internazionale è estremamente importante per le vittime della repressione.

Mostrate la vostra solidarietà, scendete in strada!

Presto sarà disponibile il sito di supporto per le persone arrestate.

 

Mail per l'Italia:

Emb.Roma@maec.es,

roma@tourspain.es,

milan@tourspain.es ,

cog.roma@maec.es,

cog.milan@maec.es,

cog.napoles@maec.es,

info@camacoes.it






Aggiornamento sui 12 arresti in Spagna


 

Gli attivisti non ricevendo un menù vegan sono entrati in sciopero della fame. tre sono presso la caserma della guardia civil di santiago di compostela e gli altri/e a a la coruna, sono tutti/e isolati e senza comunicazione con l'esterno e sono in celle molto piccole (4mq) come accade sempre prima di comparire davanti al giudice. L'accusa è relativa alla liberazione di 20.000 visoni di un allevamento a santiago realizzata nel novembre del 2007, presupponendo un danno ambientale. il fatto è stato attribuito ad anonimi, afferenti all'ALF.







AGGIORNAMENTO SITUAZIONE ATTIVISTI ARRESTATI


sito di supporto aggiornato: https://thespanish12.wordpress.com/

3 persone sono state rilasciate ma 1 ragazza di Equanimal è stata mandata in carcere in attesa del processo.

oggi ci saranno gli interrogatori di altri.

qui la pagina del gruppo di supporto con foto da tutto il mondo delle proteste, fa un bell'effetto vedere tale reazione a pochi giorni:

http://www.flickr.com/photos/spanish12

per chi volesse fare donazioni:

https://www.paypal.com/cgi-bin/webscr?cmd=_s-xclick&hosted_button_id=JBGNJUDDKPDZ2





SPANISH 12: ULTIMO AGGIORNAMENTO ED INDIRIZZI DEGLI ATTIVISTI DETENUTI
pubblicata da OCSA - Organizzazione Contro la Schiavitu' Animale il giorno mercoledi' 29 giugno 2011 alle ore 18.25

Il gruppo che sta lavorando alla Campagna Internazionale contro la Repressione del Movimento per i Diritti Animali in Spagna desidera esprimere la più profonda gratitudine per tutti i gesti di solidarietà e le iniziative che si sono tenute negli ultimi giorni da mercoledi' 22 giugno, quando agenti della polizia spagnola - molti con passamontagna e mitragliatrici - sono entrati nelle case di 12 attivist*, principalmente delle organizzazioni Equanimal ed Animal Equality, così come in casa di due madri di attivisti, per eseguire degli arresti e sequestrare materiale.

 

Dopo un'udienza alla Corte di Santiago de Compostela e tre giorni passati senza possibilità di comunicare, sabato 25 giugno, tre dei nostri amici sono rimasti in carcere in custodia, mentre gli altri sono stati rilasciati su cauzione e con le pesanti accuse formalizzate. Da quel momento siamo stati continuamente al lavoro dedicandoci alla situazione dei nostri amici detenuti, per poter ottenere il prima possibile che tornino in liberta', nonche' all'organizzazione di una campagna di supporto e contro la repressione che ci ha colpiti. Repressione che minaccia chiaramente il movimento per i diritti animali, includendo ogni singolo attivista che si ritiene parte del suddetto movimento.

 

Negli ultimi giorni abbiamo avuto la certezza che i nostri amici ricevano un equilibrato vitto vegan, mentre continuano ad essere privati della loro libertà.

Abbiamo inoltre formato un network che possa riuscire a dare costante supporto per venire incontro a qualsiasi cosa di cui abbiano bisogno, incluso prima di tutto che i familiari siano a conoscenza di come stanno.

 

Vi informiamo che potete scrivere* ai tre attivisti, questi sono gli indirizzi:

 

Olaya Freiría Mato

2011019943

Centro Penitenciario de Teixeiro, módulo 10.

Carretera Paradela, s/n.

Teixeiro. 15310. Curtis. A Coruña.

 

Eladio Manuel Ferreira Díaz

2011019980

Centro Penitenciario de Teixeiro, módulo 14.

Carretera Paradela, s/n.

Teixeiro. 15310. Curtis. A Coruña.

 

Eneko P����©rez Rodríguez

2011019978

Centro Penitenciario de Teixeiro, módulo 14.

Carretera Paradela, s/n.

Teixeiro. 15310. Curtis. A Coruña.

 

* Ricordate che:

Tutte le lettere saranno lette dal personale carcerario. Non includere soggetti inappropriati.
Includere i dettagli del mittente o la vostra lettera non sara' inoltrata.
Non includere graffette o puntine metalliche, solo carta o cartoline.
Non offendetevi se non si ricevete fin da subito una risposta, e' possibile che essi ricevono una grande quantita'  di posta giornaliera, perciò abbiate pazienza.
Mantenete un tono positivo. Ricordate che per i prigionieri le vostre lettere sono una dimostrazione di sostegno per ricordare loro che non sono soli e che ci sono molte persone fuori che si occupano di loro.

Nonostante la comprensibile rabbia ed indignazione che sentiamo a causa di questa ingiustizia è fondamentale per noi non prendere decisioni affrettate, ma agire in prospettiva ed intelligentemente, in una maniera coordinata per far si che non avvengano determinate azioni che potrebbero avere ripercussioni negative per i nostri amici attualmente in carcere. Vi chiediamo di essere anche comprensivi, negli ultimi giorni abbiamo dovuto risolvere diversi problemi di comunicazione, dal momento che la polizia ha sequestrato computer, telefoni e contatti.

 

Abbiamo attualmente bisogno di persone che riescano a donarci portatili in maniera tale da continuare a lavorare per gli animali, cosi' come per i nostri amici attualmente in carcere e se pensate di poterci aiutare in tal senso, contattateci il prima possibile.

Le nostre priorita', usciti dalla caserma della polizia, sono state contattare degli avvocati specializzati per poter chiedere il rilascio dei nostri amici il prima possibile, contattare giornalisti che siano interessati a divulgare notizie sul nostro caso, cercare informazioni su episodi simili di repressione che sono accaduti nel nostro paese, valutare vantaggi e svantaggi di comunicare alla societa' (e ai media) determinate informazioni. Infine valutare il metodo migliore per realizzare tutto cio'.

 

Durante quest' ultima settimana il supporto nazionale ed internazionale e' aumentato, sta crescendo giorno dopo giorno, con oltre 20 nazioni che hanno già realizzato proteste in solidarieta'  con gli attivisti. Stiamo anche cercando di chiedere il supporto del musicista vegan Moby, in maniera tale che faccia una dichiarazione pubblica di supporto per gli attivisti durante il suo prossimo concerto a Vigo, giovedi' prossimo.



Potete scrivere per far presente questa richiesta all'email: info@moby.com

oppure scrivendo sul suo account di Twitter: @thelittleidiot, sulla sua pagina di facebook: Facebook.com/mobymusic

oppure commentando sulla pagina dell'evento creata sempre su Facebook per il festival di Vigo:

www.facebook.com/event.php?eid=177971342258064&ref=nf#!/event.php?eid=177971342258064



Messaggio suggerito:

Hi Moby,

Please would you be so kind as to read the following information

attached below. It is vital for the freedom and lives of animal rights campaigners in Spain and the non-human animals they defend. I would also like to respectfully ask you to consider reading out the attached statement in solidarity at your next concert in Vigo (Galicia, Spain).

Some friends will be sending you the following material: a DVD with some videos of the kind of activism carried out by the organisations involved, and a campaign t-shirt ; it would be very helpful for us if you wear it even just for a few minutes during your show if you are in agreement. Thank you so much for your consideration.

Kind regards,

[Vostro Nome]



PS: If this message reaches you, please confirm via the following phone

number: +00 34 674216012 or email us at:

info@SolidaridadPresosPorLosAnimales.org



Il testo da diffondere qui:

www.thespanish12.wordpress.com/2011/06/28/texto-de-apoyo-para-moby-supporting-text-for-moby/



Sul sito www.HelpARPrisonersSpain.org troverete presto aggiornamenti, informazioni sul caso e sugli attivisti detenuti, materiale per iniziative pubbliche come cartelloni, volantini, comunicati e banners, nonchè i diversi modi per aiutarci e tutte le informazioni corrette sulla campagna in corso. Nel frattempo ci piacerebbe che riusciste a partecipare a diverse proteste che si stanno tenendo quotidianamente in Spagna, cosi' come in tutto il mondo.

Abbiamo urgente bisogno di fondi per coprire i sempre piu' crescenti costi che dovremo affrontare. Potete fare una donazione direttamente, oppure organizzare un concerto benefit, fare torte, vendere materiale usato, proiezioni o qualsiasi altra attivita'  di sostegno finanziario.



Le donazioni possono essere versate sul seguente conto:

Banco Santander

0049 1759 58 2990022193



Numero di conto internazionale (IBAN):

IBAN ES5300491759582990022193



Oppure con Paypal versando sul seguente indirizzo email:

info@SolidaridadPresosPorLosAnimales.org



Supportate la Campagna Internazionale contro la Repressione del Movimento per i Diritti Animali in Spagna!

Grazie!



Sito Equanimal: www.Equanimal.org

Equanimal su Facebook: www.Facebook.com/equanimal.org

Sito Animal Equality: www.animalequality.net

Animal Equality su Facebook: www.Facebook.com/animalequality

 

Contatti per i media:

Telefono: +34 674216012/+34 618843146

Email: mediossolidaridadpresos@gmail.com




 
Pubblicato da Piero il 28/06/2011 alle 18:26:02, in anti caccia, letto 4673 volte
La legge imperante non è quella della polizia ma quella, illegale, dei cacciatori ciprioti.
di Giovanni Guadagna, 28 giugno 2011

GEAPRESS – Aggrediti, bastonati e tenuti sotto sequestro per almeno un’ora. Questa la sorte toccata a due nostri connazionali a Cipro, vittime dei bracconieri di piccoli passeriformi. Andrea Rutigliano, responsabile del CABS (Commitee Against Bird Slaughter) e Piero Liberati collaboratore del CABS e fondatore di ValleVegan, sono stati aggrediti nel tentativo di costringerli a salire nelle macchine dei bracconieri. La Polizia ha tardato, e quando sopraggiunta ha chiesto i documenti ai nostri connazionali ed accompagnato a casa i bracconieri. Un comportamento vergognoso ma che testimonia il clima di tollerranza, per non dire connivenza, delle autorità locali greco cipriote.

Guarda questo durissimo video della TV nazionale tedesca RTL, sottotitolato in italiano:



In queste ore gli avvocati tedeschi del CABS (l’Associazione tedesca che ha sede in molti paesi, tra cui l’Italia) hanno formalizzato la denuncia direttamente alla Magistratura di Cipro, saltando, cioè, le autorità di Polizia. I reati ipotizzati sono aggressione aggravata, sequestro di persona, minacce.

I fatti sono accaduti a fine aprile nel distretto di Paralimni. Andrea Rutigliano e Piero Liberati, stavano accompagnando una troupe della tv tedesca per filmare un impianto di cattura con reti da uccellagione ed i bastoncini con il vischio. La colla, cioè, che cattura i piccoli uccelli da destinare ai ristoratori di Cipro. Erano in aperta campagna quando dalle case sono stati notati da quello che verosimilmente era il proprietario dell’impianto. L’uomo ha iniziato subito a schermirli con un bastone, avvicinandosi ed inveendo contro di loro.

Il tipo – dice Andrea Rutigliano a GeaPress – ha poi detto che stava chiamando la Polizia, ma il tutto risultava poco credibile. Pochi minuti dopo sono arrivati dei suoi amici a bordo di un pick up“.

A questo punto le cose si mettono male (vedi video). Il pick up, appena notati i due volontari, punta diritto su di loro tentando di investirli. Il servizio della tv tedesca, nella parte finale del video allegato, mostra solo una parte di quello che è successo.

Ci siamo trovati circondati da quattro energumeni – dice a GeaPress Piero Liberati – prima hanno aggredito Andrea. Lo hanno preso per il collo e per la testa cercando di spingerlo dentro la macchina. Poi si sono rivolti a me, riservandomi lo stesso trattamento. Stringevano sul collo e con forza. Non è stato possibile per almeno un’ora allontanarci dal posto. Ci hanno tenuto bloccati, minacciandoci“.

Tra di loro, i bracconieri, si chiamano “cumpari“, come se si fosse in Sicilia. Quel giorno era un susseguirsi di grida di “cumpari, cumpari“. Gente che apparentemente sembrava uscita di testa, ma che in effetti era molto sicura di quello che faceva. Mentre alcuni bracconieri bloccavano Andrea e Piero, altri si rivolgano alla troupe tedesca. Volevano i nastri.

In tutto questo caos eravamo riusciti a chiamare la Polizia – aggiunge Rutigliano – C’erano state altre aggressioni, come nel campo del CABS del 2010“. Andrea, in quel caso, era stato picchiato ma l’anno successivo era di nuovo a Cipro, a Paralimni.

Quest’anno il CABS aveva organizzato il campo, volendo segnalare i bracconieri alla polizia locale. Ben quattro corpi di polizia, alcuni dei quali preposti al controllo di cacciatori e bracconieri. Ben trenta segnalazioni in pochi giorni, senza ricevere, però, alcuna risposta soddisfacente. Tempo perso, meglio iniziare subito la raccolta dei bastoncini invischiati. I volontari perlustrano armati di uno spruzzino pieno d’acqua e sapone.

Ai bracconieri il vischio conviene. L’uccellino viene raccolto ancora vivo dopo numerose ore di tremenda agonia a testa in giù. I volontari, una volta notati gli animali penzoloni, li raccolgono delicatamente ed iniziano a spruzzare la saponata che funge da solvente. Cercano di tirare, con tutta la delicatezza possibile, gli uccellini nella trappola di colla. Riescono, così, a staccarli dalla morsa mortale. Ma non sempre la trappola è rinvenuta in tempo. Se non già morti, in alcuni casi si ritrovano moribondi, con il corpo tutto impiastricciato dalla colla.

Ad essere particolarmente cacciata è la capinera, ma a rimanere nel vischio sono decine di altre specie di uccelli, tra cui gruccioni, tortore ed a volte piccoli rapaci. Il totale stimato è di non meno 800.000 animali che in pochi giorni di migrazione primaverile, perdono la vita a Cipro.

Ma l’isola divisa a metà, tra greco e turco ciprioti, sembra andare per la sua strada. Almeno nella parte greca dove particolarmente diffuso è il fenomeno dell’uccellagione. Cipro, infatti, è un’isola in vendita. I “for sale” delle casette multiproprietà tutte eguali fra loro, costruite fin dentro le baie remote ed un tempo incontaminate, sono comuni come i bastoncini invischiati. Qualcuno si sta arricchendo con la speculazione voluta dalle bramosie dei fondi di investimento internazionali. Molti di più, invece, i ciprioti in cerca di occupazione. L’uccellino da vendere ai ristoranti locali, costituisce una integrazione. Dietro le cacce di tradizione, vi è sempre, oggi, una speculazione economica. Possono essere i fringillidi della polenta ed osei o i Pillonis de Taccula del cagliaritano.

Anche a Cipro gli uccellini finiscono ogni anno nei ristoranti, appena soffritti e poi sbollentati. Alcuni li mangiano interi, testa (con l’eccezione del becco che viene spezzato) ed intestini compresi. Poi ci sono quelli in salamoia. Si chiamano ambelopoulia ed il campione di gara culinaria è un noto politico di Cipro. Non è l’unico caso di manifesta connivenza, tanto che le prime campagne anti bracconaggio con la partecipazione di stranieri, furono boicottate da noti personaggi al grido di “via il turco“. E’ lo straniero, ovvero l’eterno nemico del nord del paese, che serve a distrarre tutti, mentre una cerchia ristretta di privilegiati greco ciprioti si sta svendendo l’isola sotto colate di cemento.

A Cipro, con l’uccellagione, la situazione non è sfuggita di mano, piuttosto è sempre stata così. Le responsabilità della Polizia sono gravissime ed i campisti anti bracconaggio hanno più volte denunciato. Dalle pattuglie appositamente chiamate che non intervengono a due passi dai richiami elettroacustici accesi, ai poliziotti che si mettono a parlare con i bracconieri. Ci sono poi quelli che non ne possono più ed infine sbottano contro i bracconieri prendendosela con loro solo perchè ci sono i tedeschi (ovvero i volontari del CABS) e per oggi devono finirla. Infine quelli che identificano i nostri connazionali aggrediti, lasciando in pace i responsabili. Quest’anno parrebbe, però, essersi interessato il locale Ministero dell’Ambiente.

Il problema dell’uccellagione è diffuso in tutta la parte greco cipriota dell’isola. Quella di Cipro è un’altra adesione a convenienza nell’Unione Europea che dovrebbe imporsi per fare rispettare le sue Direttive che riguardano la protezione della fauna.

Tutto perso? No, dicono al CABS. “A Cipro ci sono associazioni molto attive, come BirdLife international, Friends of the Earth e Terra Cypria. Lavoriamo molto con loro, cercando di tessere un sistema collaborativo sia con i Ministeri che con le Forze di Polizia“. I volontari ciprioti devono combattere una realtà soverchiante, situazione del resto comune anche in molti altri posti del mediterraneo. Ora pure il vischio. Quest’anno è comparso a Ponza mentre proprio ieri le Guardie dell’ANPANA lo hanno sequestrato ad un bracconiere romagnolo.

Maggiori informazioni:
GEAPRESS
CABS
VALLEVEGAN
 
Pubblicato da Piero il 13/06/2011 alle 17:45:25, in Diario di ValleVegan, letto 3986 volte





25 GIUGNO - AZIONE DIMOSTRATIVA A ROMA


"Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario."
George Orwell

Promuovendo sempre e comunque la lotta a 360° nei confronti di tutte le attuali forme di sfruttamento animale (ricerca scientifica, intrattenimento, vestiario, caccia ed ovviamente cibo), torniamo in strada a parlare di alimentazione carnea, di schiavitù a cui sono costretti miliardi di individui rinchiusi negli allevamenti e della promozione del veganismo, la prima vibrante protesta che può creare un cambiamento di coscienza e l'interruzione immediata della domanda di sfruttamento e morte. Intendiamo fare tutto ciò con un'azione dimostrativa, con l'intento di un forte impatto visivo, il coinvolgimento e il contributo di più persone che possono essere interessate. Cercheremo di realizzare l'iniziativa in prossimità di luoghi dove lo smembramento dei corpi degli animali non umani viene reso merce a disposizione dei passanti.

Per realizzare l'iniziativa avremo bisogno di diverse persone, se sei interessat* e pensi di poter dare il tuo contributo, contattaci via email all'indirizzo 25giugno@ocsanimal.org e ti spiegheremo più nel dettaglio. In ogni modo prossimamente daremo ancora più informazioni al riguardo.

La giornata di sabato 25 giugno non si conclude con l'azione dimostrativa! A seguire, poco distante, dalle 20:30, presso 'Il Cantiere' (Via Gustavo Modena 92, Trastevere) organizzeremo una cena/buffet vegan benefit con piccola introduzione e a seguire la proiezione del film Bold Native (vocale originale e sottotitoli in italiano). Per maggiori informazioni: pagina facebook OCSA
 

Vi invitiamo a partecipare a questa vibrante giornata assieme a noi!
OCSA - attivismo abolizionista per la liberazione animale

Note importanti :
1. Il luogo della protesta potrebbe subire variazioni che provvederemo a comunicare prontamente, comunque non sarà distante dal luogo finora comunicato.
2. Non saranno accettati, da parte di chi si offre come partecipante, durante la protesta, comportamenti di carattere sessista o peggio ancora razzista. Sappiamo che sono cose sottointese, ma a volte neanche troppo. Chiunque si renderà partecipe di atteggiamenti del genere verrà invitato a non continuare a prendere parte alla protesta.



25 GIUGNO - CENA VEGAN + PROIEZIONE

Abbiamo deciso di dedicare la giornata del 25 giugno, a partire dal pomeriggio, alla diffusione del veganismo. Dopo l'azione dimostrativa che stiamo organizzando, dalle 20:30 si terrà una cena/buffet vegan presso ll Cantiere (Via Gustavo Modena 92, Trastevere.)

Continua in questo modo la nostra promozione del veganismo attraverso la diffusione di cibo e momenti pubblici di ...condivisione in spazi sociali che rappresentano più di un semplice luogo di intrattenimento. Da oramai diversi anni il Cantiere rappresenta lo spazio di condivisione di un progetto di abitazione avviato da tanto tempo all'interno di uno dei quartieri storici di Roma, Trastevere. Diversi progetti all'interno di questo spazio si sono succeduti negli anni, dai momenti musicali (l'esperienza 'Garage') fino ad oggi dove Il Cantiere è punto di incontro principalmente per laboratori teatrali, ma anche per iniziative culturali di vario genere.

La serata sarà benefit per OCSA, il progetto che sta organizzando diverse azioni dimostrative a Roma, che distribuisce e diffonde informazione sulla schiavitù animale. Periodicamente, essendo un'organizzazione di base e non una grande associazione nazionale, abbiamo bisogno di contare sull'aiuto di chiunque può essere interessato alle nostre attività. Organizzare eventi e azioni dimostrative richiede investimento di tempo e denaro ma non solo, poter stampare del materiale di alta qualità e accessibile a tutti, permetterci di distribuirlo gratuitamente sul territorio e tramite spedizione richiede altrettanto dispendio economico che vogliamo mantenere per poter permettere a chiunque di richiedere il nostro materiale senza dover pagare. Grazie a chiunque potrà intervenire!

La serata sarà caratterizzata da un buffet/cena vegan e si concluderà con la proiezione del film BOLD NATIVE (Vocale originale e sottotitoli in italiano), preceduto da una breve introduzione su OCSA e sul film.

L'offerta suggerita per la serata è
10 EURO (pasto completo + bevanda) e se
avanza cibo, bis a volontà (non si butta via nulla).

Invitiamo chiunque sia affetto da intolleranze alimentari ad avvisarci, cercheremo di provvedere ad una valida e gustosa alternativa!

IMPORTANTE: In occasione di questa serata chiediamo cortesemente di PRENOTARVI mandando una semplice email all'indirizzo 25giugno@ocsanimal.org, con l'eventuale numero di persone presenti ed entro il 23 giugno, grazie.

Trama del film BOLD NATIVE:
Charlie Cranehill è ricercato dal governo degli Stati Uniti, accusato di terrorismo e di condurre un gruppo noto come 'Bold Native', attivo nella documentazione e nella liberazione di animali dai luoghi di sfruttamento. Dopo anni di azioni il progetto di Charlie è pianificare un'azione coordinata nazionale nello stesso giorno. Nel frattempo suo padre, amministratore delegato di un'azienda che distribuisce uova di galline da allevamento in batteria, cerca di trovare il figlio prima che lo faccia l'FBI. Contemporaneamente una giovane donna, che lavora per un'organizzazione per la protezione degli animali, cerca di lottare all'interno del sistema per ottenere un trattamento più umano per gli animali negli allevamenti. Tra abolizionisti e protezionisti, Bold Native affronta il problema del moderno consumo e dello sfruttamento degli animali da diversi punti di vista, in un contesto che spesso assume, con un gran bel risultato, i tipici toni di un 'road movie' americano.
Realizzato in maniera indipendente e con la partecipazione di attori principalmente esordienti, Bold Native rappresenta davvero un contributo straordinario per il movimento di liberazione animale. Davvero ben fatto, con belle musiche e dei contenuti molto profondi che non possono non toccare chi lo guarderà, da chi da tempo si batte contro lo sfruttamento animale a chi viene per la prima volta in contatto con determinate tematiche. Curiosità, la presenza nel film di alcuni volti veri del movimenti di liberazione animale americano: Shannon Keith, avvocato difensore di molti attivisti (tra cui Kevin Kjonaas, l'ultimo degli Shac7 ancora in carcere per aver portato avanti una campagna pubblica di boicottaggio), Chris DeRose, attivista e fondatore di LCA (Last Chance For Animals) e Peter Young, redattore di voiceofthevoiceless.org, rinchiuso in passato in carcere per diverse azioni di liberazione in allevamenti di visoni.

Per vedere precisamente dove si trova Il Cantiere, clicca qui.

 
Pubblicato da Piero il 06/06/2011 alle 18:35:00, in Diario di ValleVegan, letto 4467 volte



Da tempo siamo impegnati nella lotta allo sfruttamento animale promuovendo parallelamente uno stile di vita senza crudeltà.
Siamo fermamente convinti che lo stile di vita vegan sia la prima, semplice e concreta forma di azione diretta, è per questo che sosteniamo il progetto della fondazione ValleVegan.
ValleVegan nasce nel gennaio del 2006, situata a circa 60 km da Roma, immersa nel verdissimo appenino laziale, si estende per quasi 11 ettari di terreno tra i comuni di Bellegra e Rocca Santo Stefano.
La Valle è il rifugio degli animali e per gli animali che hanno subito reclusioni, torture e violenze; è un ambiente "fisico e culturale" in cui tutti gli esseri viventi possono sperimentare e scoprire una dimensione di incontro, conoscenza e convivenza interspecifica.

Oltre alle attività di recupero e reintroduzione in spazi naturali degli animali, il progetto si occupa di promuovere uno stile di vita vegan. Gli abitanti umani vivono in un casale rustico, autoproducendo i beni di prima necessità: dal pane alla verdura. La Valle sostiene la liberazione animale e l'antispecismo ritenendo libero ogni singolo individuo, di qualunque specie animale, senza giustificare in alcun modo la sopraffazione di una specie sulle altre.
Le attività svolte al di fuori della Valle sono principalmente di lotta alle forme di sfruttamento animale come i campi anti bracconaggio e disturbo venatorio, organizzati in Italia e all'estero, manifestazioni, serate divulgative, cene vegan.

Per promuovere e diffondere il progetto della fondazione ValleVegan siete tutti invitati all'evento benefit che si terrà SABATO 11 GIUGNO alla Sala Convegni della Città dell'Altra Economia, Largo Dino Frisullo (Testaccio) a Roma.

Durante la serata verranno spiegate nel dettaglio le attività principali svolte dalla fondazione, si terrà quindi una cena/buffet vegan e si chiuderà con la proiezione del documentario THE WITNESS - IL TESTIMONE (Vocale originale e sottotitoli in italiano).

L'offerta suggerita per la serata è
10 EURO (pasto completo + bevanda) e se
avanza cibo, bis a volontà (non si butta via nulla).

Invitiamo chiunque sia affetto da intolleranze alimentari ad avvisarci, cercheremo di provvedere ad una valida e gustosa alternativa!

IMPORTANTE: In occasione di questa serata chiediamo cortesemente di PRENOTARVI mandando una semplice email all'indirizzo info@ocsanimal.org, con l'eventuale numero di persone presenti entro il 9 giugno, grazie.

Per ulteriori informazioni sulla Fondazione ValleVegan: http://www.vallevegan.org/

Questa iniziativa inoltre dimostra la nostra volontà di continuare ad organizzare eventi, con i nostri contenuti, all'interno di spazi che in questo momento sono a rischio, a causa della pressione di una logica che vede nel profitto e nello sfruttamento i suoi 'principi' di base. La Città dell'Altra Economia, un luogo di incontro e scambio, dove in passato abbiamo avuto modo di organizzare eventi, è uno di questi posti.
Per ulteriori informazioni sull'attuale situazione che prevederebbe nei prossimi mesi la chiusura della Città e l'avvio di un progetto che oltre al danno, risulterebbe anche una beffa (per saperne di più leggere quest'articolo: http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/04/20/news/citt_dell_altra_economia-15163851/), vi rimandiamo al sito ufficiale: http://www.cittadellaltraeconomia.org/

OCSA - attivismo abolizionista per la liberazione animale
www.ocsanimal.org

NOTA IMPORTANTE:
1. Indicazioni per arrivare alla Città dell'Altra Economia:
quando arriverete su largo Dino Frisullo, vi troverete davanti al Macro, girate a sinistra e entrate in via Monte Testaccio. Appena dopo pochi metri non proseguite per via monte testaccio ma tenetevi le alte mura dell'ex mattatoio sulla destra. Arrivate in fondo alla strada e sulla destra vedrete due grosse entrate ad arco, prendete la prima delle due, proseguite per circa 100 metri, parcheggiate l'auto e vedrete alla vostra destra una struttura, è la Città dell'Altra Economia.
 
Pubblicato da Maria Teresa de Carolis il 20/05/2011 alle 22:34:18, in Diario di ValleVegan, letto 4238 volte
In questi anni di lotte, di grida, di sommessi sogni e di sforzi, spesso mi sono trovata a dover considerare quale fosse il motore che ci spinge verso una giustizia, non umana, universale, assoluta, che non riguarda le specie, bensì l’equilibrio. Mi ritrovo oggi circondata da fatti incomprensibili, fattacci per meglio dire, situazioni che nella migliore delle ipotesi, senza il senno di cui, per fortuna, alcuni umani sono capaci, si finirebbe a rotolarsi per terra con tanto di capelli strappati ed occhi gravemente lesi. Possibile, e qui mi appello a chi dello stile di vita Vegan ha fatto un modus vivendi inattaccabile e profondo, che il fatto stesso di alimentarsi cruelty free non riesca ad incidere un solco di coerenza e coscienza nell’animo di chi lo abbracci? Possibile che il termine Antispecismo debba catalogare e relegare i comportamenti etici solamente verso la sponda dell’animalismo (umani esclusi, perché l’essere umano non lo merita). Non credo, l’Antispecismo per me è oltre la violenza, oltre le specie e le razze, oltre il sesso e le religioni, in poche parole: Oltre. Di lotte intestine in questi tempi se ne sono viste tante, faide vere e proprie il cui oggetto erano semplicemente dissapori, disonestà, menzogne, avidità, presenzialismo o invidie, il potere attanaglia anche chi, illusoriamente, pensa di dedicare la propria esistenza alla Liberazione Animale. Domanda: ma a noi umani chi ci libera? Chi, se non noi stessi? Orizzonti di malsani atteggiamenti fanno sì che qualsiasi attività possa essere strumentalizzata nel tentativo, spesso subdolo e celato, di demolire un individuo, senza tenere conto che dietro quell’individuo ce ne sono altri, una connessione infinita di legami e vite che imprescindibilmente si alimentano. L’errore, tutto umano, è di considerare ogni individuo una causa a sé, un’isola da conquistare, per mostrare al mondo quanto si è forti, uno spudorato tentativo di colonizzare l’altro. Liberazione Animale… e quale sarebbe il motore che spinge alcuni a gridare alle manifestazioni, mascherati da cuccioli indifesi, la rabbia e lo sdegno contro la violenza, contro i soprusi e la crudeltà, per poi magari ingannare i propri fratelli, aggredendoli con infamie, vomitando, soprattutto sul web, illazioni tali da generare solo dolore? Ci sono mondi nei quali non vorrei mai addentrarmi, il mondo della menzogna, quello che ti avvolge e ti inganna, ed inganna per primo chi lo sposa, colui che nel corpo di un essere che apparentemente si dedica ad una causa, si auto incensa di una veste intoccabile: quella dell’attivista, colui che mai farebbe del male ad un altro essere, colui che si sbrodola davanti alle petizioni on line, quello che pontifica di fronte all’umana ignoranza, inconsapevole che lui stesso è vittima dell’arroganza generata da un unico scopo, Egotismo allo stato puro. Il mio dolore e la mia rabbia sono figli della storia, la mia storia, ossia ciò che i miei occhi hanno visto, ciò che le mie mani accarezzato, ciò che il mio cuore, ferito, ha osservato e vissuto; il dolore di vedere un amico bersaglio di lance e frecce avvelenate per il solo scopo di rendere innocuo un gigante, difficile da atterrare. Proprio questa difficoltà nel distruggere mio fratello “il gigante”, ha generato negli anni un accanimento insistente, senza pensare che “questo” accanimento non ha fatto altro che rinforzare i legami veri, quelli unici, autentici, al di là del bene e del male, al di là delle fazioni e delle chiacchiere. A questo punto è necessaria una storia, una piccola favola: mio fratello “il gigante”, vive in un luogo dove la cosa più importante non è quanto Ego riuscirà a nutrire al giorno, o quante persone verranno a conoscenza della sua missione, la cosa più importante - per mio fratello – è, sempre e soltanto, le vite di tutti gli esseri che condividono con lui la quotidianità di un oasi di boschi e cieli tersi, dove piccoli esseri indifesi dormicchiano al sole sereni, dove creature malate vengono curate ed accompagnate verso la fine, laddove la sorte l’avesse deciso. In questo luogo le mani fameliche di alcuni si sono affacciate, per sporcare, gettare immondizie di parole, per poi ritrarsi gonfie di tutto quello che potevano accaparrare, noncuranti delle conseguenze e del fatto che in quella valle non viveva solo mio fratello, vivevano e vivono centinaia di creature, centinaia di respiri e cuori che battendo all’unisono si sostengono. E quel filo, quel legame era - ed è tutt’ora - l’ancora e la ragione di una valle intoccabile ed inaffondabile. La storia continua, perché sotto il sole della valle si avvicendano umani e non, che tentano di convivere, condividendo giornate di quiete e momenti di incomprensioni, talvolta manipolando, taluni umani, ciò che chiaramente appare come un evolversi delle relazioni, ossia una realtà mascherata di buoni intenti che non sempre si sviluppano in una scelta, al contrario si devia il percorso intrapreso con energia e partecipazione verso la strada del risentimento e del sotterfugio, dimenticando ancora una volta, quanto inutile e devastante può essere l’Ego, quello che ingabbia e che illude, che trascina verso convinzioni di centrismo e (in)giustizia. Le perplessità con le quali coabito riguardano le contraddizioni che investono certi comportamenti. Essere Vegan, o almeno dichiararsi tale, attribuendo a questo termine la caratteristica di “essere evoluto” o “essere consapevole” mi fa rabbrividire quando penso ad individui che sventolano la loro bandiera antispecista in faccia ad altri individui umani, urlando la loro (in)giustizia ed il loro valore, usando il telo di un drappo per soffocare, per eludere ed ingannare, per la propria utilità e la propria gloria. E’ evidente quanto il desiderio di emergere possa influenzare, rendendo gli ideali più alti e nobili, il veicolo per sostenere il ruolo di chi al di sopra di tutto interpreta la parte del perfetto attivista. Basta fare cene benefit ed eventi a favore degli animali per essere persone etiche? E’ sufficiente guardare le etichette degli alimenti che consumiamo, tenendo alla larga alimenti di origine animale dalla nostra dieta, o guardiamo anche se quegli ingredienti siano la fonte, nascosta, di sfruttamento, abusi, lavoro minorile, deforestazione? È veramente sufficiente gridare “Basta Vivisezione Adesso” se il primo luogo della terra, il nostro cuore, il luogo da cui inizia la nostra strada verso il rispetto è lontano dall’universalità dell’essere antispecista? Esserlo, non farlo, con la voglia di allontanare la menzogna, gli inganni intenzionali, le infamie, le brutture tipiche di chi ha il vuoto dentro e non un vuoto sano e pronto ad essere colmato di tutte le bellezze che la natura può offrire, ma il vuoto arido di un deserto di spine e solitudine, quello generato dalla cattiveria di desiderare il male dell’”altro”. In questo mondo, popolato da miliardi di anime io continuo a camminare, scontrandomi talvolta con individui, umani e non, con i quali entro in relazione, contatti di palpiti che si incontrano e a volte si riconoscono, con la assoluta consapevolezza dell’unicità di ognuno attraverso le strade che si intersecano e allontanando quella smania e desiderio di protagonismo che mi travolge, quella crudeltà generata dalla debolezza di esseri umani insicuri che fanno della loro insicurezza la spada con cui colpire cuori di acciaio.
 
Pubblicato da Piero il 06/05/2011 alle 15:42:27, in anti caccia, letto 4764 volte

Si credeva che Ponza fosse ormai un capitolo chiuso del bracconaggio, con solo qualche ultimo trappolatore recidivo. Nessuno si sarebbe aspettato che il campo di LAC e CABS quest’anno avrebbe portato a risultati tanto importanti e a situazioni di tale tensione.

Le attività antibracconaggio iniziano con un primo sopralluogo del CABS a inizio aprile che conduce alla denuncia di due trappolatori ponzesi e a scoprire finalmente l’inghippo delle trappoline sulla Piana d’Incenso: da un decennio i volontari rinvengono segni di trappolaggio in questo angolo naturale dell’isola, eppure mai fino ad ora si è sorpreso nessuno in attività di bracconaggio, né si sono mai rinvenute le trappoline posizionate.

Ora il quesito è risolto: i bracconieri trappolano ogni giorno sulla Piana e sono anche una decina di persone, se non di più, ma lo fanno per poche ore durante la giornata, quando hanno la certezza che né i volontari, né la forestale si trovino sulla Piana! Durante questo primo sopralluogo 3 trappolatori vengono infatti fotografati e filmati mentre spennano i piccoli uccelli catturati e raccolgono le trappole a fine giornata.

La LAC e il CABS decidono così di organizzare un campo antibracconaggio per il resto della primavera presidiando l'isola con turni di 6 volontari, in modo da coprire il periodo di picco della migrazione: non solo bisogna inibire il trappolaggio sulla Piana d’Incenso, ma anche occuparla fisicamente per evitare che i cacciatori-bracconieri imperversino con il fucile contro tortore e quaglie.


Le luci dell'alba del primo giorno di campo illuminano così le facce sbigottite di 12 cacciatori, sorpresi dall'arrivo improvviso dei volontari. Nonostante il fuggi fuggi generale, uno di essi è fotografato e viene deferito all'autorità giudiziaria per caccia in periodo di divieto. Nei due giorni successivi, mentre un team della LAC presidia costantemente la Piana per evitare il ripetersi di episodi di bracconaggio, un secondo gruppo, accompagnato da una guardia venatoria volontaria dell'associazione, si sistema nei pressi di un punto dove vengono da anni sistemate altre trappoline. Bastano poche ore di appostamento per sorprendere il bracconiere, anche egli fotografato e denunciato. Come se non bastasse il giorno successivo un secondo bracconiere si presenta sul posto, sempre con le sue trappole: anche egli, un giovane cacciatore, è prima fotografato e poi riconosciuto; quando però gli si intima l'alt, se la dà a gambe e si rifugia a casa, da dove infine spara due colpi di fucile a fini intimidatori.

Nei giorni successivi i cacciatori sembrano rinunciare a sparare; ciononostante un richiamo elettronico col verso della quaglia è localizzato e distrutto dai volontari: serviva a “convincere” le quaglie in migrazione notturna a fermarsi nei pressi dei siti di bracconaggio.



Il 28 aprile interviene infine la Forestale di Latina: durante una perlustrazione delle isole pontine sbarca su Ponza con l'elicottero, sorprendendo un trappolatore in attività sulla piana d'Incenso: 27 trappoline sono sequestrate, tutte piene di stiaccini, morti o gravemente feriti alle ali dalla morsa della tagliola. Sebbene il trappolatore se la dia a gambe, la Forestale è certa di poter rintracciarlo facilmente

Ma la scelleratezza dei cacciatori non finisce qui. Ancora il 29 aprile, appena dopo l'operazione di polizia, numerosi colpi vengono sparati su Ponza e un gruppo di cacciatori minaccia i volontari con i bastoni, intimandogli di abbandonare l'isola.

La situazione diventa tesa il 3 maggio, quando un team di volontari (un fotografo norvegese, una ragazza e un giovane) vengono affrontati da 5 bracconieri incappucciati e muniti di bastoni. Due di loro finiscono all’ospedale con escoriazioni, contusioni e sospetto trauma cranico, ma gli aggressori sono tutti riconosciuti e uno di essi è immediatamente fermato dai Carabinieri, mentre tenta di fuggire in macchina.


L’avvenimento, che getta forte discredito sull’isola, viene ripreso dai giornali locali e regionali, mentre l’assessore al turismo dell’isola, Maria Pagano, si shciera dalla parte dei volontari, dicendo: “Le istituzioni locali sono al fianco dei volontari della Lega Anticaccia e del Committe Against Bird Slaughter vilmente aggrediti sulla nostra isola. Fanno parte della nostra famiglia e chi tocca loro offende il Comune intero. Alcuni di loro provengono dalla Germania e dall'Inghilterra e credono fermamente nella missione naturalistica che svolgono. E’ assurdo che l’esercizio di questa missione altamente civile sia ora un problema addirittura per la loro incolumità fisica qui a Ponza. Oltre alla bellezza del mare e delle coste, la flora e la fauna dell’arcipelago ponziano rappresentano il fiore all’occhiello della nostra offerta turistica. Il comune di Ponza, di concerto con la Guardia Forestale e lo specifico nucleo antibracconaggio terrà alta la guardia contro ogni forma di violenza ed illegalità”

Sembrerebbe di poter sperare che a questo punto i cacciatori-bracconieri decidano di battere in ritirata, ma non è così: ancora il 5 maggio nuovi spari echeggiano dalla Piana d’Incenso, mentre nei pressi del punto in cui è parcheggiato l’elicottero della Forestale, viene appiccato un piccolo incendio, a scopo intimidatorio, che brucia 1.500 metri quadrati.


Il 6 maggio è inaugurato con un nuovo caso di minacce: non appena i volontari lasciano l’autobus che li accompagna ai piedi della Piana alle 4.30 del mattino, quattro macchine si mettono in movimento e li seguono, cercando di avvicinarli. Solo il pronto intervento dei Carabinieri riesce a disperdere i potenziali aggressori.

Il campo continua nonostante tutto: le ore di presidio sulla Piana sono state svolte regolarmente, ora anche con la compagnia del maresciallo dei Carabinieri di Ponza. Ma la sull'isola stanotte si sentiva ancora un richiamo elettromagnetico per quaglie...
 
Pubblicato da Piero il 27/04/2011 alle 09:29:20, in Diario di ValleVegan, letto 4261 volte














In appoggio alla settimana mondiale per gli animali nei laboratori lanciamo una giornata di protesta a ROMA per VENERDI' 29 APRILE 2011.

ORARI E LUOGHI DEGLI APPUNTAMENTI:

- ORE 11:00: presidio presso I.S.S. (Istituto Superiore di Sanità), Viale Regina Elena, 299.

L' I.S.S. rappresenta a Roma uno degli esempi più tremendi della crudeltà dell'uomo sugli animali. A due passi dalla città universitaria, all'interno di un palazzo enorme primati, roditori, conigli e tantissimi altri animali vengono sottoposti ad atroci esperimenti. L'Istituto va avanti anche e soprattutto grazie ai soldi dei contribuenti, ovvero di noi cittadini. Il 29 aprile può essere un'occasione per ricordare agli aguzzini che non accettiamo così facilmente che il nostro denaro venga usato per la vivisezione.
In diverse occasioni l' I.S.S. è stato oggetto di trasmissioni televisive, ricordiamo quella più importante per rendere l'idea di cosa porta avanti quest'istituto: il servizio 'uomini e topi' a cura del programma di raitre 'Report' realizzato nell'ottobre del 2004.

AVVISO IMPORTANTE:
Vorremmo segnalare un' esigenza importante a livello organizzativo. Avremo bisogno durante questa protesta di almeno 16 persone con un compito specifico, tra tutte quelle che prenderanno parte alla protesta. Vorremmo tentare questa cosa e abbiamo bisogno dell'aiuto di chiunque sia ben intenzionato al riguardo. Per ulteriori info vi invitiamo a contattarci via email all'indirizzo info@ocsanimal.org, spiegheremo nel dettaglio. Non si tratta di nulla di troppo impegnativo, è qualcosa di molto semplice, divertente e che può avere un bell'impatto visivo.
Per questo c'è bisogno di sapere prima la disponibilità delle persone. Fateci sapere, grazie a tutt* per l'attenzione!


- ORE 15:00: presidio presso la sede italiana di AIRFRANCE, Via Sardegna, 40.

Airfrance, assieme alla KLM (compagnia di bandiera olandese), è il principale vettore responsabile del traffico di più di 10.000 primati utilizzati per gli esperimenti. E' attiva al momento una campagna internazionale di boicottaggio a cui il Coordinamento Fermare Green Hill ed OCSA aderiscono vedendone l’importanza strategica nella lotta alla vivisezione. Rendere visibile cosa compie Airfrance-KLM può mettere in seria discussione le politiche aziendali della compagnia. Già la compagnia Amerijet in seguito ad una campagna di pressione ha deciso di non trasportare più primati destinati ai laboratori. E' il momento che anche Airfrance-KLM decida di fare lo stesso. Per maggiori info sulla campagna internazionale questo è il sito tradotto in italiano:
http://www.antivivisection.info/airfrance/it/

NOTA IMPORTANTE: non saranno accettati durante la protesta espressioni verbali, slogan o scritte/cartelloni di carattere sessista, a sfondo religioso o peggio ancora razzista. Sappiamo che sono cose sottointese, ma a volte neanche troppo. Chiunque si renderà partecipe di atteggiamenti del genere verrà invitato a lasciare immediatamente la protesta.

Per informazioni e ulteriori dettagli:
email: info[at]ocsanimal.org
infoline: 3707122316
 
Pubblicato da Piero il 07/04/2011 alle 16:37:44, in Diario di ValleVegan, letto 5258 volte





Roma, Largo dei Lombardi - via del Corso. Dalle ore 15.

Dalle ore 15:00 saremo presenti con un banchetto per distribuire assaggi gratuiti di cibo vegan e per promuovere uno stile di vita che rifiuti lo sfruttamento animale, ancor più in un periodo, come quello di Pasqua, che prevede il massacro di migliaia di agnelli.

Sarà presente materiale informativo contro lo specismo e la schiavitù animale. Verranno distribuiti, assieme agli assaggi, volantini informativi che spiegheranno come è ...possibile e facile scegliere di non nutrirsi dello sfruttamento degli animali non umani adottando uno stile di vita COMPLETAMENTE vegetariano.

Forniremo semplici, valide e gustose soluzioni in un punto centrale di Roma. Porteremo una riflessione critica ed alternativa in una zona dove le persone sono sempre impegnate ad acquistare o divertirsi, senza fermarsi a pensare concretamente a chi non ha voce per raccontare cosa gli sta accadendo, in ogni singolo istante di prigionia.

Chiunque è invitato a passare, compresi/e amici/che e parenti!
In caso di pioggia saremo costretti a cancellare l'evento.

Saranno anche disponibili degli assaggi di cibo gentilmente fornito da VEGUSTO.IT. Intendiamo fare questo soprattutto per diffondere l'esistenza di tutte quelle importanti attività molto serie che propongono cibo privo di sfruttamento animale.

Per qualsiasi informazione o perchè pensi di poter dare un aiuto:
email - info@ocsanimal.org
infoline - 3707122316

PRECISAZIONE IMPORTANTE SULL'EVENTO:
Chiunque è invitato a passare tenendo presente che per il cibo siamo già organizzati e che non si tratta di un presidio di protesta ma di distribuzione di assaggi, banchetto informativo e volantinaggio. L'aiuto, la voglia di condivisione e passare del tempo insieme per conoscerci sono ovviamente sott...ointesi, ma era importante sottolineare questa differenza in maniera tale da evitare equivoci. Grazie!
 
Pubblicato da Piero il 06/04/2011 alle 13:53:04, in anti caccia, letto 3399 volte

CABS teams active on the Italian Pontine Island of Ponza in the Tyrrhenian Sea (01.04.2011)

The first migrant bird protection camp of 2011 began today 1 April. Italian CABS members and their colleagues from our partner organisation LAC will conduct anti-poaching operations on the small Mediterranean island until 15 May. Their aim is to curb migrant poaching with snap traps that are used to catch above all Robins, Wheatears and Redstarts. In addition the teams will occupy popular hunting areas before dawn and thus prevent the illegal shooting of Turtle Dove, Quail and other migrant species. The operation is planned and conducted in close cooperation with the responsible law enforcement agencies.

More information on our spring camps on the south Italian islands can be found here 
 
Pubblicato da Piero il 04/04/2011 alle 12:15:00, in Diario di ValleVegan, letto 3579 volte





"Nel rispetto degli Animali" è il titolo del seminario organizzato dal Gruppo Ambiente del Movimento Civico "Cambiamo Subiaco", che si terrà venerdi 8 aprile presso la Sala Torquemada alle ore 17.30. Una occasione per approfondire la conoscenza delle diverse forme di sfruttamento animale, dal bracconaggio all'allevamento intensivo, toccando la vivisezione degli animali all'interno dei laboratori, dove vengono sottoposti a esper...imenti crudeli, sfigurati ed ingabbiati. Come risposta allo sfruttamento animale nasce il Veganesimo, una filosofia di vita che esclude tutte le forme di crudeltà verso gli animali perpetrate per produrre cibo o prodotti di qualsiasi tipo. Il Veganesimo dunque non è solo una scelta di alimentazione che esclude la carne e i suoi derivati, ma uno stile di vita che implica il rifiuto di qualsiasi prodotto, la cui realizzazione abbia comportato lo sfruttamento del genere animale, nello specifico anche capi di abbigliamento realizzati con tessuti naturali quali lana, seta, pelle. A conclusione del seminario è stato pensato un buffet di dolci in stile vegan al fine di creare un momento di scambio di opinioni e di confronto.

Il seminario si snoderà attraverso una serie di figure che operano nel settore e che porteranno le loro esperienza: si esordirà parlando dell'attività di antibracconaggio, successivamente Piero Liberati ci condurrà alla scoperta di una realtà a pochi passi da casa, Vallevegan, una sorta di fattoria tra Bellegra e Rocca Santo Stefano, nata con l'intento di riabilitare animali che hanno subito maltrattamenti e che ora finalmente vivono in armonia con la natura. Piero e gli altri soci non hanno solo deciso di abbracciare l'alimentazione vegana ma di vivere in armonia completa con il genere animale che a Vallevegan è rispettato e accolto e libero di vivere secondo natura.

Far conoscere e sensibilizzare ad una tematica molto delicata quale quella dello sfruttamento animale è il fine del Movimento Civico da sempre aperto alla scoperta e alla conoscenza delle realtà presenti sul territorio, non perchè debbano essere necessariemente condivise, ma comprese e portate all'attenzione della cittadinanza.

Siete perciò tutti invitati a partecipare VENERDI 8 APRILE 2011 ALLE ORE 17.30 presso la Sala Torquemada
 
Pubblicato da Piero il 28/03/2011 alle 10:57:50, in anti caccia, letto 3141 volte




Seconda serata: BRACCONAGGIO NEL MEDITERRANEO

Operazioni e volontariato antibracconaggio in Italia, Malta e Cipro.
Chi, come e dove si combatte il massacro di milioni di migratori.

Dalle 21,00 interventi, video, immagini. Buffet vegan benefit per le campagne antibracconaggio.

Musica MASS-MISTY LANE DjSet

Sabato 2 aprile 2011, un evento a cura di CABS Committee Against Bird Slaughter, LAC Lega per l'Abolizione Caccia ONLUS e Fondazione Vallevegan.

In collaborazione con il Jarmusch Club, via C.Battisti n.72, Caserta.

Altre informazioni:

www.komitee.de

www.abolizionecaccia.it
www.vallevegan.org

 
 
Pubblicato da Piero il 22/03/2011 alle 11:37:03, in anti caccia, letto 2455 volte




BRACCONAGGIO NEL MEDITERRANEO

Operazioni e volontariato antibracconaggio in Italia, Malta e Cipro.
Chi, come e dove si combatte il massacro di milioni di migratori.

Dalle 19,30 interventi, video, immagini. Buffet vegan benefit per le campagne antibracconaggio.

Venerdi 1 aprile 2011, un evento a cura di CABS Committee Against Bird Slaughter, LAC Lega per l'Abolizione Caccia ONLUS e Fondazione Vallevegan.

In collaborazione con la Città dell'Altra Economia.

Altre informazioni:

www.komitee.de

www.abolizionecaccia.it
www.vallevegan.org
 
Pubblicato da Maria Teresa de Carolis il 16/03/2011 alle 11:28:00, in Diario di ValleVegan, letto 2545 volte
FukushimaLa pioggia cade, ritmica, incessante, una giornata come tante, una considerazione diversa che viene dal cielo, dall’idea di una nube che dall’altra parte del globo ha iniziato il suo viaggio, una nube radioattiva, che imperturbabile viaggerà sul destino del mondo; sorvolerà foreste, deserti, radure, offuscherà giornate di quotidiana incoscienza. Animali inconsapevoli, già vittime dell’umanità, subiranno l’ennesimo affronto, prepotenza e abuso come di consueto si ramificheranno verso un’epoca di degrado e cecità culturale. Fukushima è l’ultima delle prove che l’uomo consideri il pianeta un palco di esperimenti, un luogo da occupare senza pensiero alcuno nei confronti della natura che tanto prepotentemente si sta riappropriando di sé, luoghi che si contaminano e si devastano nella stolta convinzione che ogni frammento di questa “casa” è da circondare, confinando la bellezza in luoghi ristretti che si sgretolano al solo pensiero. Dal 1952 al 2007 ci sono stati 137 incidenti nucleari. Il 26 aprile 1986, impossibile dimenticare la catastrofe di Cernobyl, in Ucraina, 25 anni di contaminazioni, di nascite deformi, di mutazioni genetiche, di disastri ambientali. La cosa di cui sono stupita, che mi disorienta e inquieta allo stesso tempo è: come ha fatto un popolo devastato da un disastro come fu Hiroshima e Nagasaki, che ha pagato duramente le conseguenze della decisione americana, crudele e lungimirante ( nella quale era sicuramente previsto il crollo di una società da punire) che ha dovuto lottare per ricostruire un sistema ed una società tecnologicamente avanzata, un popolo che ha visto e toccato le conseguenze e la pericolosità del nucleare, permettere di ristabilire una tecnologia tanto pericolosa quanto incontrollabile? Popolo incosciente, ecco cosa credo, che nel corso degli anni si sia dimenticato e abbia appeso come una cartolina scolorita quel tragico evento, che si sia archiviato nella memoria, sottraendolo ai danni del tempo ed alla coscienza, avvicinandosi pericolosamente all’inevitabile. Il danno è fatto, ora un popolo piange, ignaro forse delle responsabilità, del Governo primo fra tutti, delle generazioni che hanno subito l’Autorità di una cultura dell’oppressione, non ha saputo opporsi alla catastrofe; un popolo che ha rinnegato un passato deresponsabilizzandosi, dismettendo i costumi militari fatti di arroganza e violenza nazista, piangendo per il torto commesso e non considerando le reali conseguenze delle proprie azioni. L’uomo costruisce, l’uomo modifica, l’uomo distrugge, schiavizza e possiede, la natura ha un ruolo marginale nell’esistenza degli uomini che continuano a sovrastare le leggi che dovrebbero equilibrare nel tempo ogni forma di esistenza. L’imperatore Akihito va in televisione, si dichiara preoccupato, tre esplosioni al reattore Due in cinque giorni, incendio improvviso al reattore Quattro, naturale che l’Imperatore si dichiari preoccupato, non era meglio preoccuparsi prima di seminare centrali nucleari su tutto il paese? In Italia la Prestigiacomo dice che le nostre centrali sono “modernissime” (termine altamente scientifico) e non hanno niente a che vedere con quelle giapponesi, avete qualche dubbio a riguardo? Ricordo perfettamente il Referendum del 1987, nel quale si discuteva sui contributi ai Comuni ospitanti centrali nucleari, riguardo la possibilità della collaborazione dell'Enel nelle costruzioni di centrali all’estero e riguardo la possibilità dello Stato ad intervenire nel caso in cui un Comune non concedesse un sito per l’apertura di una centrale, ebbene in tutti e tre i casi la percentuale degli italiani favorevoli all’abrogazione viaggiava intorno all’80%, qualcosa mi fa intuire che la percentuale in questi giorni sia aumentata. Nelle nostre mani è il futuro di un pianeta in lacrime, senza l’arroganza e l’egoismo che ci fa pensare ai soli umani, vittime di questi eventi, piccolo universo che è connesso con le foreste, con gli animali, con gli oceani ed i cieli e dovrebbe essere, questo destino, affidato al solo equilibrio di un sistema che da sé sopravvive perfettamente, le nostre mani sono inaffidabili, i nostri modi da mercenari del futuro vanno mutati, va mutata la convinzione di possedere il pianeta, con ogni forma di vita che lo abita, le nostre mani che vanno rivolte al cielo per chiedere scusa, fermarsi a riflettere, meditare sulla coerenza e sul rispetto. Cosa aspettiamo? Aspettiamo forse di rintanarci in piccoli rifugi antiatomici, costruiti ad hoc solo per le nostre famiglie? Pensare al nostro piccolo, inutile ed egoistico sistema sociale, che ci inculca di tenerci strette le nostre conquiste, il lavoro, la carriera i bei voti all’università dei nostri figli senza futuro o finalmente andare oltre, vedere la realtà per quello che è, un mondo vuoto, una rappresentazione virtuale dei valori che si stanno dissolvendo, un pianeta sommerso da cose inutili ed obsolete; panta rei, tutto scorre e scorre in questo fiume di disgrazie anche la mia rabbia e la voglia folle di cambiare un mondo che merita di resistere.
 
Pubblicato da Piero il 08/03/2011 alle 09:42:05, in Diario di ValleVegan, letto 2219 volte


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CHI SIAMO


Nella società odierna l'animale non umano viene concepito come proprietà, come mero oggetto, merce da vendere o scambiare. Riconoscendo agli animali non umani l'innegabile capacità di provare sentimenti, dolore, paura è necessario lavorare sul cambiamento della tradizionale concezione di 'mezzi' a disposizione dell'essere umano.

Vogliamo proporre e lavorare sulla diffusione più ampia possibile dell'approccio abolizionista dello sfruttamento animale, partendo da basi teoriche che hanno portato allo sviluppo di progetti più specifici come AIP (Attacca l'Industria della Pelliccia) o il Coordinamento Fermare Green Hill, a cui alcuni di noi tuttora contribuiscono. Pensiamo che le lotte intraprese in passato dai movimenti per i diritti civili e delle donne riflettano il carattere della nostra lotta, basata sul principio indiscutibile che lo specismo rimanga la forma più ampia di discriminazione, punto di partenza soprattutto di quelle discriminazioni che oggi conosciamo come razzismo e sessismo.

Intendiamo promuovere una stile di vita VEGAN perchè pensiamo che sia la prima, semplice e concreta forma di azione diretta che può veramente portare un cambiamento della condizione di prigionia degli animali. Sebbene ci siano anche concreti risvolti positivi dal punto di vista ecologico e per il benessere fisico, pensiamo sia più opportuno esporre la dieta vegana come una scelta che dal punto di vista etico rimanga primaria, creando cambiamenti immediati alla vita di ogni singolo animale non umano.

Ci opponiamo fermamente all'uso in questa società degli animali non umani per la ricerca scientifica, per l'intrattenimento, per il vestiario, per la caccia ed ovviamente per il cibo.

Vogliamo lavorare su un'autentica informazione riguardante la schiavitù animale, mantenendo come parte del nostro operato l'importanza dell'azione diretta e della disobbedienza civile, risposte radicali e pacifiche al sistema di sfruttamento che viene perpetrato.


OCSA (Organizzazione Contro la Schiavitù Animale)

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Serata 18 marzo
LIBERAZIONE ANIMALE... SE NON ORA, QUANDO? SE NON TU, CHI?

Non più protezione, ma liberazione. Non una detenzione più ‘umana’, ma la fine della schiavitù animale. In una società che mercifica qualsiasi cosa, dagli animali non umani all'ecosistema che ci circonda fino ad arrivare a noi stessi, è un passo logico e naturale impegnarsi nel lottare senza compromessi, per opporsi a qualsiasi discriminazione e sopraffazione basata sulla differenza di specie, razza e sesso.

Con questo incontro pubblico vogliamo ripercorrere le diverse vicende della lotta del Coordinamento Fermare Green Hill contro l’allevamento di cani destinati alla vivisezione Green Hill, che si trova a Montichiari (Brescia). Condividere i metodi di lotta e le differenti strategie adottate in questo caso concreto e, più in generale, fornire informazioni (tramite anche filmati) sulle tante forme che l’uomo usa per detenere, sfruttare, torturare e uccidere animali.

Vogliamo illustrare un nuovo progetto locale in fase di sviluppo, finalizzato a divulgare le modalità atroci dello sfruttamento da parte dell'uomo degli animali non umani. L’intento è quello di contribuire alla lotta per la liberazione animale, anche partendo dalla prima, concreta forma di azione diretta: quella che prevede di non nutrirci della sofferenza di altri esseri senzienti, seguendo uno stile di vita vegan.

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Presso la Sala Convegni della "Città dell'Altra Economia", Largo Dino Frisullo (Testaccio), Roma
18 marzo ore 19,30
BUFFET VEGANO
Entrata libera
 
Pubblicato da Piero il 05/03/2011 alle 10:32:27, in anti caccia, letto 2792 volte
Inseriamo qui il reportage di Jonathan Franzen, uno dei più importanti scrittori contemporanei statunitensi, pubblicato su "The New Yorker". Franzen ha raccolto con noi dal vivo, sul campo contro i bracconieri, tutte le informazioni del suo testo. Ha seguito noi volontari fino a Cipro dove, leggerete, abbiamo rischiato letteralmente la pelle. Questa è la traduzione poi diffusa su "Internazionale".




CIELI SILENZIOSI
di Jonathan Franzen, The New Yorker, Stati Uniti
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Ogni anno migliaia di uccelli migratori che transitano nel bacino del Mediterraneo vengono uccisi da cacciatori e bracconieri. In Italia, a Cipro e a Malta si consuma una carneficina che sta svuotando i cieli europei.




Negli ultimi anni, l’angolo sudorientale della Repubblica di Cipro ha subìto un forte sviluppo edilizio grazie al turismo. Grandi alberghi di media altezza, specializzati in pacchetti vacanza per tedeschi e russi, si affacciano su spiagge occupate da file ordinate di lettini e ombrelloni, e il Mediterraneo non potrebbe essere più azzurro di così. Si può trascorrere una settimana molto piacevole da queste parti, guidando su strade moderne e bevendo la buona birra locale, senza sospettare che in questa regione è in corso il più grande sterminio di uccelli canori di tutta l’Unione europea.

L’ultimo giorno di aprile del 2010 vado nella ricca cittadina turistica di Protaras per incontrare quattro membri di un’organizzazione tedesca per la protezione degli uccelli, il Committee against bird slaughter (Cabs), che organizza campi di volontariato stagionali nei paesi del Mediterraneo. Dato che a Cipro l’alta stagione per la cattura degli uccelli canori è l’autunno, quando i migratori diretti a sud hanno accumulato un bel po’ di grasso dopo un’estate trascorsa a banchettare al nord, sono preoccupato di non riuscire a vedere nessun bracconiere in azione, e invece il primo frutteto in cui entriamo, di fianco a una strada trafficata, è pieno di bastoncini di vischio: stecchi di settanta centimetri, rivestiti di una sostanza collosa ricavata dalle prugne, e disposti ad arte, come invitanti posatoi, tra i rami degli alberi bassi. Gli attivisti del Cabs, guidati da un giovane italiano magro e barbuto di nome Andrea Rutigliano, si sparpagliano nel frutteto, tirano giù i bastoncini, li rigirano nella terra per togliere la colla e li spezzano in due. Su tutti i bastoncini c’è attaccata qualche piuma. Su un albero di limoni troviamo un maschio di balia dal collare appeso a testa in giù. Sembra un frutto. Ha la coda, le zampe e le ali bianche e nere immobilizzate dalla colla. Mentre l’animale si contorce e gira invano la testa, Rutigliano lo filma da diverse angolazioni, e un volontario italiano più anziano, Dino Mensi, gli scatta alcune foto. “Le foto sono importanti”, dice Alex Heyd, un tedesco dall’aria giudiziosa, segretario generale dell’organizzazione, “perché la guerra si vince sui giornali, non sul campo”.

I due italiani si mettono al lavoro sotto il sole rovente per liberare la balia dal collare, scollando delicatamente le penne una per una, spruzzando piccole quantità di sapone diluito per ammorbidire la colla che resiste, e trasalendo ogni volta che una penna va perduta. Poi Rutigliano rimuove con cura la colla dalle zampine dell’uccello. “Bisogna togliere ogni minima traccia di vischio”, dice. “Il primo anno che facevo questo lavoro ne ho lasciato un po’ sulla zampa di un uccello, e l’ho visto volar via e restare di nuovo attaccato. Mi è toccato arrampicarmi sull’albero”. Rutigliano mi mette la balia dal collare nelle mani, io le apro e l’uccello vola via nel frutteto, riprendendo il suo viaggio verso nord.

Siamo circondati dal rumore del traffico, oltre che da campi di meloni e da complessi residenziali e alberghieri. David Conlin, un veterano dell’esercito britannico, butta tra le erbacce un fascio di bastoncini ormai inoffensivi e dice: “È pazzesco: dovunque ti fermi trovi questi affari”. Guardo Rutigliano e Mensi liberare un altro uccello, un luì verde, una graziosa creaturina con la gola gialla. Vedere così da vicino una specie che di solito richiede complicate manovre con il binocolo per essere osservata mi suscita un certo disagio. Un vero e proprio senso di frustrazione. Mi vien voglia di dire, al luì verde, quello che diceva san Francesco d’Assisi di fronte a un animale selvatico catturato: “Perché ti sei fatto acchiappare?”.

Mentre usciamo dal frutteto, Rutigliano suggerisce a Heyd di indossare la maglietta del Cabs alla rovescia, in modo che la gente ci scambi per normali turisti a passeggio. A Cipro è consentito entrare in qualsiasi terreno privato non recintato, e l’uccellagione è reato penale dal 1974, eppure mi sembra di compiere un’azione violenta e forse anche pericolosa. La squadra del Cabs, in tenuta nera e grigioverde, somiglia più a un commando che a un gruppo di turisti. Una donna del posto, forse la proprietaria del frutteto, ci guarda impassibile mentre ci inoltriamo nella campagna lungo una strada di terra battuta. Poi veniamo sorpassati da un uomo a bordo di un pick-up, e la squadra, sospettando che stia andando a tirar giù le sue trappole, lo segue di buon passo.

Nel cortile dietro la casa di quell’uomo troviamo due paia di tubi di metallo lunghi sei metri, appoggiati in parallelo a due sedie da giardino: una piccola fabbrica di bastoncini di vischio, di quelle che possono fruttare buoni guadagni ai ciprioti, soprattutto agli anziani che conoscono il mestiere. “Li costruisce e ne tiene qualcuno per sé”, dice Rutigliano. Lui e gli altri gironzolano sfacciatamente intorno al pollaio e alle gabbie dei conigli, staccando qualche bastoncino e posandolo sui tubi. Poi entriamo in un altro giardino, salendo su per una collina e poi scendendo di nuovo, in un frutteto attraversato da tubi d’irrigazione e pieno di uccelli intrappolati. “Questo giardino è un disastro!”, dice Mensi, che parla solo italiano.

Una capinera femmina, con la coda quasi completamente strappata, è attaccata non solo per le zampe e le ali, ma anche per il becco, che si spalanca appena Rutigliano lo scolla; l’uccello comincia a strillare furiosamente. Dopo averlo liberato, Rutigliano gli spruzza un po’ d’acqua dentro il becco e lo posa a terra. La capinera cade in avanti e si dibatte pietosamente, cacciando la testa nel fango. “È rimasta appesa così a lungo che si è stirata i muscoli delle zampe”, dice Rutigliano. “Stanotte la terremo con noi, e domani sarà in grado di volare”.
“Anche senza coda?”, gli chiedo.
“Certo”.
Raccoglie la capinera e la infila in una tasca esterna dello zaino.

La capinera è uno dei silvidi più comuni d’Europa, oltre che un piatto tradizionale di Cipro, dove è nota con il nome di ambelopoulia. È la vittima principale degli uccellatori ciprioti, ma la cattura accidentale di altre specie raggiunge proporzioni enormi: uccelli rari come le averle, altri silvidi, e specie più grandi come i cuculi e i rigogoli, perfino piccoli gufi e falchi. Nel secondo frutteto, attaccati ai bastoncini troviamo cinque balie dal collare, un passero e un pigliamosche (un tempo molto diffuso, oggi sempre più raro in quasi tutta l’Europa settentrionale), insieme ad altre tre capinere. Dopo averli liberati, gli uomini della squadra discutono animatamente sul numero di bastoncini trovati sul posto, e decidono per cinquantanove.

Addentrandoci ancora un po’ nell’entroterra, in un boschetto secco e pieno d’erbacce con vista sul mare azzurro e sugli archi dorati di un nuovo McDonald’s, troviamo un bastoncino con un uccello appeso, ancora vivo. È un usignolo maggiore, una specie dal piumaggio grigio che in passato ho visto solo una volta. È completamente invischiato e ha un’ala rotta. “La frattura è tra due ossa, non si può rimarginare”, dice Rutigliano palpando l’articolazione sotto le piume. “Purtroppo dobbiamo ucciderlo”.

Il bastoncino che ha intrappolato l’usignolo maggiore dev’essere sfuggito all’uccellatore che stamattina è venuto a recuperare gli altri. Mentre Heyd e Conlin discutono se domani sia il caso di alzarsi prima dell’alba per “tendere un’imboscata” all’uccellatore, Rutigliano accarezza la testa dell’usignolo. “È così bello”, dice come un bambino. “Non posso ucciderlo”.
“Che facciamo?”, dice Heyd.
“Magari diamogli la possibilità di saltellare un po’ in giro e morire per conto suo”.
“Mi sembra un’ipotesi improbabile”, dice Heyd.

Rutigliano poggia a terra l’usignolo e lo guarda zampettare, più come un topo che come un uccello, fin sotto un piccolo cespuglio spinoso. “Magari tra qualche ora camminerà meglio”, dice, poco realisticamente.
“Vuoi lasciare a me la decisione?”, dice Heyd.
Rutigliano, senza rispondere, si avvia su per la collina ed esce dalla visuale.
“Dov’è andato?”, mi chiede Heyd.

Gli indico il cespuglio. Heyd ci infila dentro le mani da due lati, cattura l’uccello, lo tira su con delicatezza e alza lo sguardo verso me e Conlin. “Siamo d’accordo?”, chiede in tedesco. Io annuisco, e Heyd, con una torsione del polso, spezza il collo all’usignolo. Il sole ha occupato tutto il cielo, ammazzando l’azzurro con il suo biancore. Mentre perlustriamo il boschetto in cerca di un punto dove tendere l’agguato, non sappiamo già più da quante ore siamo in cammino. Ogni volta che vediamo un cipriota in un campo o a bordo di un furgone, dobbiamo abbassarci e tornare indietro tra le pietre e i cardi che bucano i calzoni. Qualcuno potrebbe avvisare il proprietario del terreno dove si trovano le trappole. Non ci sono mine su questa collina, la posta in gioco non è altro che la vita di qualche uccello, eppure la torrida immobilità evoca un’atmosfera minacciosa da tempo di guerra.

L’uccellagione con i bastoncini di vischio è una tradizione diffusa a Cipro almeno dal cinquecento. Gli uccelli migratori rappresentavano un’importante fonte stagionale di proteine nelle campagne, e i ciprioti anziani ricordano che le madri li mandavano nell’orto con il compito di catturare qualcosa per la cena. Negli ultimi decenni l’ambelopoulia è diventata popolare tra i ciprioti benestanti e urbanizzati come una specie di prelibatezza nostalgica: un barattolo di uccelli in salamoia può diventare un regalo per un amico, un vassoio di uccelli fritti si può ordinare al ristorante per un’occasione speciale. A metà degli anni novanta, vent’anni dopo che il paese aveva messo al bando tutte le forme di uccellagione, venivano uccisi dieci milioni di uccelli canori all’anno. Per andare incontro alle richieste dei ristoranti, l’uccellagione tradizionale con i bastoncini di vischio era stata incrementata dall’uso di reti su vasta scala, e il governo cipriota, che stava cercando di darsi una regolata per essere ammesso nell’Unione europea, usò la mano pesante con gli uccellatori. Nel 2006 il numero di volatili catturati in un anno era sceso a circa un milione.

Negli ultimi anni, tuttavia, da quando Cipro si è comodamente sistemata all’interno dell’Unione, nei ristoranti sono ricomparsi i cartelli che reclamizzano l’illegale ambelopoulia, e le aree infestate dalle trappole sono in aumento. Nel 2010 la lobby della caccia cipriota, che rappresenta i cinquantamila cacciatori della repubblica, ha proposto due disegni di legge per indebolire la normativa antibracconaggio. Il primo ridurrebbe l’uso dei bastoncini di vischio a reato minore, il secondo depenalizzerebbe l’impiego di richiami elettronici per uccelli.

Dai sondaggi emerge che la maggior parte dei ciprioti, pur disapprovando l’uccellagione, non la considera una questione importante e molti amano mangiare l’ambelopoulia. Quando il Game fund (che riunisce i guardacaccia locali) ha organizzato incursioni nei ristoranti dove si servivano gli uccellini, le cronache dei giornali sono state molto ostili, a cominciare dalla storia di una donna incinta che si è vista strappare di mano il piatto al ristorante.

“Qui il cibo è sacro”, mi dice Martin Hellicar, il coordinatore delle campagne di BirdLife Cipro, un’organizzazione locale più contraria del Cabs a questo tipo di provocazioni. “Non credo che qualcuno verrà mai condannato per aver mangiato l’ambelopoulia”.

Io e Hellicar abbiamo trascorso una giornata a visitare i siti di trappolaggio nell’angolo sudorientale del paese. Ogni piccolo uliveto può essere usato per piazzare le reti, ma i siti più grandi si trovano nelle piantagioni di acacie, una specie esotica che non ci sarebbe motivo di irrigare se non fosse usata dagli uccellatori. Queste piantagioni sono dappertutto. Lunghe passatoie di moquette dozzinale corrono per terra, tra le file di acacie; centinaia di metri di rete invisibile vengono tesi tra pali solitamente piantati dentro vecchi copertoni riempiti di cemento; poi, di notte, si attivano a tutto volume i richiami che spingono i migratori a venire a riposarsi tra le acacie rigogliose. Alle prime luci dell’alba, i bracconieri tirano manciate di ghiaia per spaventare gli uccelli e farli volare verso le reti (un segno rivelatore della presenza di trappole è un mucchio di ghiaia abbandonato sul ciglio della strada). Poiché i bracconieri credono che liberare le prede porti sfortuna al sito, gli uccelli non commerciabili vengono fatti a pezzi e abbandonati a terra, oppure lasciati a morire nelle reti. Quelli commerciabili possono rendere fino a cinque euro l’uno, e un buon sito può fruttare anche più di mille uccelli al giorno.

A Cipro la zona peggiore per il bracconaggio è la base militare britannica di capo Pyla. Gli inglesi saranno anche il popolo europeo che ama di più gli uccelli, ma la base, che affitta i suoi poligoni di tiro agli agricoltori ciprioti, si trova in una posizione diplomatica delicata. Dopo una recente operazione dell’esercito britannico per far rispettare la legge, alcuni ciprioti infuriati hanno staccato ventidue cartelli della Sovereign base area. Fuori dalla base, la legge è poco rispettata, per motivi logistici e politici. I bracconieri hanno vedette e guardie notturne, e hanno imparato a costruire piccoli capanni nei siti di trappolaggio. Gli agenti del Game fund, infatti, sono obbligati a richiedere un mandato per perquisire qualunque “domicilio”, e nel frattempo i bracconieri hanno il tempo di tirare giù le reti e nascondere i dispositivi elettronici. Dato che alcuni bracconieri sono ormai dei veri e propri criminali, gli agenti hanno anche paura di aggressioni. “Il problema più grave è che a Cipro nessuno, neppure i politici, dichiara che mangiare l’ambelopoulia è sbagliato”, mi dice il direttore del Game fund, Pantelis Hadjigerou. Anzi, il detentore del primato per il maggior numero di ambelopoulia consumate in un solo pasto (cinquantaquattro) è un popolare uomo politico della regione settentrionale del paese.

“L’ideale sarebbe trovare un personaggio famoso disposto a dichiarare: ‘Io non mangio l’ambelopoulia, lo considero sbagliato’”, dice la direttrice di BirdLife Cipro, Claire Papazoglou. “Ma qui vige una specie di patto per cui le cose brutte che succedono devono rimanere sull’isola, perché non possiamo fare brutta figura davanti al resto del mondo”.

“Prima che Cipro entrasse nell’Unione europea”, mi ha detto Hellicar, “gli uccellatori avevano assicurato che avrebbero rallentato un po’. Oggi, per i ragazzi di diciotto o diciannove anni, il bracconaggio è una forma di machismo patriottico. Un simbolo della resistenza al Grande Fratello Ue”.

A me, però, la cosa che sembra davvero orwelliana è la politica cipriota. Sono passati trentasei anni da quando la Turchia ha occupato il nord dell’isola, e da allora il sud di etnia greca ha raggiunto un notevole benessere, eppure i notiziari nazionali sono ancora dominati, sette giorni su sette, dal Problema di Cipro. “Ogni altra questione passa in secondo piano, tutto il resto è irrilevante”, mi spiega l’antropologo sociale cipriota Yiannis Papadakis. “Loro dicono: ‘Come osate denunciarci alla corte europea per questa stupidaggine degli uccelli? Noi denunciamo la Turchia!’. Non c’è mai stato un dibattito serio sull’ingresso nell’Unione europea: era semplicemente il mezzo con cui avremmo risolto il Problema di Cipro”. Il più importante strumento di tutela della fauna aviaria dell’Unione europea è la storica direttiva del 1979 che impone agli stati membri di proteggere tutte le specie europee e di salvaguardarne l’habitat. Da quando è entrata a far parte dell’Unione, nel 2004, Cipro ha ricevuto numerosi richiami della Commissione europea per le violazioni della direttiva, ma finora ha sempre evitato sentenze e multe. La commissione preferisce non interferire con l’applicazione delle leggi all’interno di uno stato membro, se sulla carta la legislazione ambientale di quello stato risulta in linea con la direttiva.

Il partito al governo, che si definisce comunista, appoggia con entusiasmo l’edilizia privata. Il ministero del turismo sta sollecitando progetti per la realizzazione di quattordici nuovi complessi residenziali con campi da golf (l’isola attualmente ne ha tre), anche se le riserve di acqua potabile del paese sono molto limitate. Chiunque possieda un terreno raggiungibile da una strada può edificarlo. Di conseguenza la campagna è molto frammentata. Ho visitato quattro delle riserve naturali più importanti della zona sudorientale, in teoria sottoposte alla speciale protezione della normativa europea, e le ho trovate tutte in condizioni deprimenti.

Il grande lago stagionale di Paralimni, per esempio, vicino alla zona che ho perlustrato con i membri del Cabs, è una rumorosa conca di polvere occupata da un poligono di tiro abusivo e da una pista di motocross abusiva, cosparsa di bossoli di cartucce e disseminata di macerie, elettrodomestici in disuso e rifiuti domestici.

Eppure gli uccelli continuano a venire a Cipro: non hanno scelta. Più tardi, tornando in paese sotto un cielo un po’ meno bianco, la pattuglia del Cabs si ferma ad ammirare uno zigolo testanera, un gioiello color oro, nero e castano, che canta sopra un cespuglio. Per un momento la tensione cala, e torniamo a essere semplici birdwatcher che esclamano ciascuno nella propria lingua.

“Ah, che bello!”.
“Fantastico!”.
“Unglaublich schön!”.

Prima di tornarcene a casa, Rutigliano vuole fare un’ultima tappa in un frutteto dove l’anno scorso un volontario del Cabs è stato aggredito dagli uccellatori. Mentre la nostra auto a noleggio svolta per lasciare la strada principale e imboccare una pista sterrata, ci viene incontro un pick-up rosso a quattro posti, e il conducente fa il gesto di tagliarci la gola. Dopo che il pick-up è uscito sulla strada, due passeggeri si sporgono fuori dai finestrini e ci mostrano il dito medio.

Heyd, il tedesco giudizioso, vuole fare dietrofront e andarsene subito, ma gli altri obiettano che il pick-up sicuramente non tornerà indietro. Proseguiamo fino al frutteto, dove le trappole hanno catturato quattro balie dal collare e un luì verde che non riesce ad alzarsi in volo. Rutigliano me lo consegna, dicendomi di metterlo nello zaino. Una volta distrutti tutti i bastoncini di vischio, Heyd, in tono più nervoso, ci esorta di nuovo ad andarcene. Ma un po’ più lontano c’è un altro boschetto che i due italiani vogliono perlustrare. “Non ho brutti presentimenti”, dice Rutigliano.

“Noi inglesi abbiamo un modo di dire: ‘Non sfidare la sorte’”, dice Conlin. In quel momento, una cinquantina di metri più giù, vediamo il pick-up rosso arrivare a tutta velocità e fermarsi sbandando. Tre uomini saltano giù e si mettono a correre verso di noi, raccogliendo pietre grosse come palle da baseball e tirandocele addosso. Schivare quei sassi volanti non è facile come pensavo e Conlin e Heyd vengono colpiti.

Rutigliano riprende la scena, Mensi scatta fotografie, e si sentono parecchie urla confuse: “Continua a riprendere, continua a riprendere!”, “Chiama la polizia!”, “Come cavolo è il numero?”. Pensando al luì verde dentro il mio zaino, e poco entusiasta di venire scambiato per uno del Cabs, seguo Heyd che torna indietro su per la salita. Da una distanza non proprio di sicurezza ci fermiamo a guardare due uomini che aggrediscono Mensi, cercando di strappargli lo zaino dalle spalle e la macchina fotografica dalle mani. I due, sulla trentina e molto abbronzati, gridano: “Che state facendo? Cosa fotografate?”. Mensi, con un gemito terribile, i muscoli gonfi per lo sforzo, si stringe la macchina fotografica contro l’addome. Gli uomini lo sollevano, lo buttano a terra e gli si scagliano addosso. Non vedo Rutigliano, ma più tardi scoprirò che lo hanno colpito in faccia, buttato a terra e preso a calci su gambe e costole.

La sua telecamera è stata fracassata contro una roccia e scagliata in testa a Mensi. Conlin se ne sta fermo in mezzo alla rissa con un formidabile portamento militare, stringendo in mano due cellulari con cui cerca di chiamare la polizia. Più tardi mi racconterà di aver minacciato gli aggressori di trascinarli in tutti i tribunali del paese, se solo lo avessero toccato.
Heyd intanto continua a indietreggiare, e questa mi sembra una buona idea. Quando lo vedo guardarsi indietro e impallidire, anch’io vengo preso dal panico.

La corsa di chi fugge da un pericolo è diversa da ogni altro tipo di corsa: è difficile guardare dove si mettono i piedi. Salto un muretto di pietra e attraverso di corsa un campo pieno di rovi, finisco dentro un fosso e mi ferisco al mento con un pezzo di recinzione metallica, e a quel punto decido che ne ho abbastanza. Sono preoccupato per il luì che porto nello zaino. Vedo Heyd che, continuando a correre in salita, attraversa un grande giardino, dice qualcosa a un uomo di mezza età e poi, spaventato, riprende a correre. Vado verso il padrone del giardino e cerco di spiegargli la situazione, ma l’uomo parla solo greco. Con un’espressione preoccupata ma anche diffidente va a chiamare la figlia, la quale riesce a dirmi, in inglese, che sono capitato nel giardino del direttore della sezione locale di Greenpea­ce. Mi offre un bicchier d’acqua e due piatti di biscotti e racconta la mia storia al padre, che risponde con una sola parola rabbiosa. “Barbari!”, traduce la figlia.

Quando torno giù alla macchina, sotto un cielo nuvoloso che minaccia pioggia, trovo Mensi che si tasta le costole e tampona i tagli e le abrasioni che gli coprono le braccia. Gli hanno rubato sia la macchina fotografica sia lo zaino. Conlin mi mostra la videocamera fracassata e Rutigliano, che ha perso gli occhiali e zoppica, mi confessa con fanatismo non privo di concretezza: “Speravo che succedesse un fatto del genere. Ma non così grave”.

Alcuni volontari del cabs, arrivati nel frattempo, gironzolano lì intorno con aria cupa. Nella loro auto trovo un cartone di vino vuoto, in cui, mentre arriva la polizia, riesco a trasferire il luì verde. Ha un’aria mogia ma non più malconcia di prima. Sarei più orgoglioso di averlo salvato, se proprio in quel momento non trovassi sul cellulare il messaggio di un amico cipriota, che conferma il nostro appuntamento clandestino per mangiare l’ambelopoulia la sera successiva. Mi stavo quasi convincendo di poter semplicemente osservare come un bravo giornalista, senza dover assaggiare neppure un uccellino. Ma non è affatto detto che ci riu­scirò.

Ogni primavera circa cinque miliardi di uccelli si spostano in massa dall’Africa per andare a riprodursi in Eurasia, e ogni anno fino a un miliardo di questi uccelli viene deliberatamente ucciso dagli esseri umani, in particolare lungo le rotte migratorie del Mediterraneo. Mentre le acque di quel mare vengono svuotate da pescherecci che usano sonar e reti ad alto rendimento, i suoi cieli vengono ripuliti grazie all’efficacissima tecnologia dei richiami. Dalla fine degli anni settanta, come risultato della direttiva europea e di varie altre convenzioni di salvaguardia, la situazione di alcune specie più minacciate è un po’ migliorata. Ma oggi i cacciatori del Mediterraneo stanno approfittando di questo piccolo miglioramento per rinnovare l’offensiva. Cipro ha sperimentato di recente l’apertura della caccia primaverile a quaglie e tortore. Nell’aprile del 2010 Malta ha aperto a sua volta la stagione della caccia primaverile. A maggio dello stesso anno il parlamento italiano ha approvato una legge che allunga la stagione venatoria autunnale. Gli europei possono anche considerarsi dei campioni di illuminismo ambientale – di certo si comportano come se lo fossero, facendo la predica agli Stati Uniti e alla Cina sulle emissioni di gas serra – ma negli ultimi dieci anni le popolazioni di molti uccelli residenti e migratori si sono ridotte in modo allarmante in tutta Europa. Non occorre essere un birdwatcher per avvertire la mancanza del richiamo del cuculo, dei volteggi delle pavoncelle sopra i campi, del canto dello strillozzo dai pali della luce. Un mondo di uccelli già compromesso dalla perdita di habitat e dall’agricoltura intensiva viene spinto ancora più in fretta verso l’estinzione dai cacciatori. La primavera, nel vecchio continente, ha buone probabilità di diventare silenziosa molto prima che nel nuovo mondo.

La Repubblica di Malta, che consiste di alcuni blocchi di calcare densamente popolati con una superficie complessiva di appena 316 chilometri quadrati, è il posto più ferocemente ostile agli uccelli di tutta Europa. A Malta ufficialmente vivono dodicimila cacciatori (circa il tre per cento della popolazione), gran parte dei quali considera un proprio diritto sparare a qualunque uccello migratore che abbia la sfortuna di passare sopra Malta, a prescindere dalla stagione e dallo status di protezione della specie. I maltesi sparano a gruccioni, upupe, rigogoli, berte, cicogne e aironi. Si appostano davanti alla recinzione dell’aeroporto internazionale e si esercitano nel tiro al bersaglio con le rondini. Sparano dai tetti delle case di città e dal ciglio di strade trafficate. Si appostano dentro bunker costruiti l’uno accanto all’altro sul fianco delle colline e falciano stormi di falchi migratori. Sparano a rapaci di specie minacciate, come l’aquila anatraia minore e l’albanella pallida, che i governi di paesi più settentrionali proteggono a prezzo di milioni di euro. Le prede rare vengono impagliate e aggiunte alle collezioni di trofei, le altre vengono abbandonate sul terreno, oppure sepolte sotto mucchi di pietre per non lasciare prove in giro. In Italia, quando vedono un migratore a cui manca un pezzo d’ala o di coda, i birdwatcher parlano di “piumaggio maltese”.

Negli anni novanta, prima che Malta entrasse nell’Unione europea, il governo cominciò ad applicare una legge già in vigore che vietava l’uccisione delle specie non cacciabili, e la causa maltese fu abbracciata anche da associazioni di paesi lontani come la Royal society for the protection of birds del Regno Unito, che mandò volontari per assicurarsi che la legge fosse rispettata. Il risultato, come dice un volontario britannico con cui ho parlato, è che “la situazione è passata da orribile a semplicemente pessima”. Ma i cacciatori maltesi sostengono che il paese è troppo piccolo perché l’attività venatoria possa intaccare in modo significativo l’avifauna europea e mal sopportano quella che considerano un’interferenza straniera nella loro “tradizione”. L’associazione nazionale dei cacciatori, la Federazzjoni kaċċaturi nassaba konservazzjonisti (Fknk), ha scritto nella sua newsletter dell’aprile 2008: “L’Fknk ritiene che il lavoro di polizia debba essere svolto solo da poliziotti maltesi, e non da arroganti estremisti stranieri che accampano diritti su Malta solo perché fa parte dell’Unione europea”.

Quando, nel 2006, l’associazione locale BirdLife Malta assunse un cittadino turco, Tolga Temuge, un ex direttore delle campagne di Greenpeace, per lanciare un’aggressiva campagna contro la caccia illegale, i cacciatori evocarono l’assedio turco del 1565 e reagirono con furia esplosiva. Il segretario generale dell’Fknk, Lino Farugia, inveì contro “il turco” e i suoi “lacchè maltesi”, e alle invettive seguì una serie di minacce e aggressioni contro le proprietà e il personale di BirdLife. Un membro dell’associazione ricevette uno sparo in faccia, le auto di tre volontari furono date alle fiamme e migliaia di giovani alberi furono sradicati in una zona di riforestazione che compete con l’unica altra foresta dell’isola principale, controllata dai cacciatori, che ci vanno per sparare agli uccelli appollaiati sui rami. Come spiegava una popolare rivista di caccia nell’agosto del 2008: “C’è un limite oltre il quale non si possono infrangere i forti vincoli e i valori morali delle famiglie maltesi, aspettandosi che si ritirino vigliaccamente e abbandonino la loro terra e la loro cultura, senza far ribollire il loro sangue latino”.

Eppure, a differenza di Cipro, l’opinione pubblica maltese è fortemente contraria alla caccia. Insieme alle banche, il turismo è la risorsa principale di Malta, e spesso i giornali pubblicano lettere arrabbiate di turisti che hanno subìto minacce da parte dei cacciatori o assistito ad atrocità contro gli uccelli. La classe media maltese, dal canto suo, non gradisce il fatto che i pochissimi spazi aperti del paese siano invasi da cacciatori dal grilletto facile che appendono cartelli di divieto d’accesso nei terreni pubblici. A differenza di BirdLife Cipro, BirdLife Malta è riuscita a ottenere il sostegno di cittadini importanti, compreso il proprietario del gruppo Radisson Hotel, per una campagna sui giornali intitolata “Riprenditi il tuo territorio”.

Malta, tuttavia, è uno stato con due partiti, e dato che le elezioni vengono generalmente decise da qualche migliaio di voti, né il Partito laburista né quello nazionalista possono permettersi di inimicarsi gli elettori appassionati di caccia rischiando di spingerli a disertare le urne. Perciò le leggi venatorie continuano a essere poco applicate: il personale che dovrebbe occuparsene è ridotto al minimo, molti poliziotti locali sono amici dei cacciatori e perfino i poliziotti buoni possono essere indolenti nel reagire alle denunce. Anche quando i trasgressori sono incriminati, i tribunali maltesi si dimostrano restii a infliggere multe per più di qualche centinaio di euro.

Nel 2010 il governo nazionalista ha aperto la caccia primaverile a quaglie e tortore ignorando una decisione della corte di giustizia europea dell’autunno precedente. La direttiva europea del 1979 consente agli stati dell’Unione di applicare “deroghe” e autorizza l’uccisione di piccole quantità di esemplari di specie protette per “sfruttamento giudizioso”, come il controllo degli stormi intorno agli aeroporti o la caccia di sussistenza da parte di comunità rurali tradizionali. Il governo maltese ha chiesto una deroga per continuare la “tradizione” della caccia primaverile e la corte ha deliberato che la richiesta di Malta non soddisfaceva tre dei quattro criteri imposti dalla direttiva: rigorosa applicazione, piccole quantità e parità con gli altri stati membri dell’Unione. Riguardo al quarto criterio, tuttavia – cioè se esista “un’alternativa” – Malta ha fornito la prova, basata sul numero di esemplari uccisi, che la caccia autunnale a quaglie e tortore non rappresenta un’alternativa soddisfacente alla caccia primaverile. Il governo sapeva che il conteggio degli esemplari uccisi non era attendibile (lo stesso segretario generale dell’Fknk ha ammesso pubblicamente che il vero numero potrebbe essere dieci volte superiore a quello dichiarato), ma la prassi della Commissione europea è di accettare i dati forniti dai governi degli stati membri. Malta sosteneva inoltre che, poiché non si tratta di specie minacciate a livello globale (sono ancora abbondanti in Asia), quaglie e tortore non meritassero una protezione assoluta, e gli avvocati della commissione mancarono di sottolineare che la cosa davvero rilevante è lo status della specie all’interno dell’Unione europea, dove in effetti le popolazioni di quegli uccelli sono in grave declino. Perciò, mentre si pronunciava contro Malta e proibiva la caccia primaverile, la corte riconosceva che uno dei quattro criteri era stato effettivamente soddisfatto. Il governo maltese ha proclamato la “vittoria” in patria, e all’inizio di aprile ha autorizzato la caccia.

Il primo giorno della stagione, all’alba, esco in perlustrazione insieme a Tolga Temuge, che sembra un David Foster Wallace turco. Non ci aspettiamo di vedere molti cacciatori, perché l’Fknk, irritata dalle condizioni imposte dal governo – la stagione durerà solo sei mezze giornate, invece delle tradizionali sei-otto settimane, e le licenze concesse sono state solo duemilacinquecento – ha organizzato un boicottaggio della stagione, minacciando di “coprire di vergogna” chiunque richieda la licenza. “La Commissione europea ha fallito”, mi dice Temuge mentre percorriamo il labirinto oscuro e polveroso della rete stradale maltese. “La federazione dei cacciatori europea e BirdLife international hanno lavorato sodo per arrivare a limiti di caccia sostenibili, e poi Malta, il più piccolo degli stati dell’Unione, minaccia di demolire l’intero edificio della direttiva uccelli. L’inosservanza da parte di Malta sta creando un brutto precedente per gli altri stati membri, soprattutto quelli del Mediterraneo, incoraggiandoli a comportarsi nello stesso modo”.

Quando il cielo si schiarisce, ci fermiamo in una stradina di calcare grezzo tra campi recintati di fieno dorato e ci mettiamo in ascolto di eventuali spari. Sento cani che abbaiano, un gallo che canta, qualche camion che cambia marcia e, da qualche parte lì vicino, un richiamo elettronico per quaglie. In questo momento ci sono altre sei squadre di Temuge in giro per l’isola, formate per la maggior parte da volontari stranieri accompagnati da agenti di sicurezza maltesi stipendiati. Mentre il sole sorge, cominciamo a sentire qualche sparo lontano, ma non molti: stamattina sembra che non voli un uccello in tutto il paese. Procediamo attraverso un villaggio in cui risuonano un paio di spari – “Cazzo, è incredibile!”, esclama Temuge. “Siamo in una zona abitata, cazzo!” – e poi rientriamo in quel labirinto di mura di pietra che a Malta viene definito campagna. Altri spari ci conducono fino a un piccolo campo, dove troviamo due uomini sulla trentina con una radio portatile. Appena ci vedono prendono in mano la zappa e cominciano a occuparsi della loro rigogliosa coltivazione di fagioli e cipolle. “Sanno subito quando entri nella loro zona”, dice Temuge. “Lo sanno tutti. Se hanno una radio, puoi stare sicuro al novanta per cento che sono cacciatori”. In effetti sembra un po’ presto per uscire a zappare, e finché restiamo nei pressi del campo non sentiamo più spari. Quattro splendenti rigogoli maschi ci sfrecciano accanto, sfortunati per aver scelto Malta come sosta migratoria, ma fortunati di averci trovati qui. Su un albero basso scorgo una femmina di fringuello, che pur essendo uno degli uccelli più comuni d’Europa è quasi del tutto introvabile a Malta, perché la cattura illegale dei fringillidi è molto diffusa. Quando glielo indico, Temuge si entusiasma. “Un fringuello!”, esclama. “Sarebbe incredibile se i fringuelli ricominciassero a riprodursi da queste parti”. È come se qualcuno in Nordamerica si meravigliasse di vedere un tordo migratore.

I cacciatori maltesi hanno lo svantaggio di volere una cosa che metterebbe Malta nei guai ed esporrebbe il paese a sanzioni da parte dell’Unione europea: chiedono il diritto legale di sparare agli uccelli diretti verso i luoghi di riproduzione. Perciò ai capi dell’Fknk non resta che adottare una linea intransigente, che suscita false speranze tra gli iscritti dell’associazione e li fa sentire frustrati e traditi quando, inevitabilmente, il governo li delude. Incontro il portavoce dell’Fknk, Joseph Perici Calascione, un uomo nervoso ma eloquente, nella sede angusta e disordinata dell’organizzazione. “Come possono aspettarsi, anche con tutta l’immaginazione del mondo, che ci riteniamo soddisfatti? La stagione primaverile ha lasciato l’ottanta per cento dei cacciatori senza licenza”, mi dice. “Già da due anni ci hanno privato di una stagione che faceva parte della nostra tradizione, del nostro modo di vivere. Non ci aspettavamo di tornare alla situazione di tre anni fa, ma speravamo comunque in una stagione adeguata, come quella che il governo ci aveva promesso senza mezzi termini prima dell’ingresso nell’Unione europea”.

Sollevo la questione della caccia illegale, e Perici Calascione mi offre uno scotch. Quando rifiuto, ne versa uno per sé. “Siamo del tutto contrari alla caccia illegale di specie protette”, dice. “Siamo disposti a impiegare guardacaccia per scovare questi individui e revocargli la tessera. E lo avremmo già fatto, se ci avessero concesso una buona stagione”. Perici Calascione ammette che le dichiarazioni più polemiche del segretario generale dell’Fknk lo mettono a disagio, ma lui stesso si mostra molto preoccupato quando cerca di comunicarmi quanto consideri importante la caccia. Mi ricorda, stranamente, un ambientalista in vena di vittimismo. “Siamo tutti frustrati”, dice, con un tremito nella voce. “I disturbi mentali sono aumentati, abbiamo avuto dei suicidi tra i nostri soci. La nostra cultura è minacciata”.

Quanto la caccia in stile maltese rappresenti una “cultura” e una “tradizione” è una questione opinabile. Mentre la caccia primaverile e l’uccisione e imbalsamazione di uccelli rari sono senza dubbio tradizioni di antica data, il fenomeno del massacro indiscriminato sembra cominciato solo a partire dagli anni sessanta, quando Malta ottenne l’indipendenza e cominciò a prosperare. Malta, in effetti, rappresenta una totale confutazione della teoria secondo cui la ricchezza di una società porterebbe a una migliore gestione dell’ambiente. La ricchezza ha portato a Malta armi più sofisticate, più denaro per pagare gli imbalsamatori, più macchine e strade migliori, che hanno reso la campagna più accessibile ai cacciatori. La caccia, che un tempo era una tradizione tramandata di padre in figlio, è diventata un passatempo per gruppi di ragazzi turbolenti.

In un appezzamento di terreno appartenente a un albergo che spera di costruirci un campo da golf, incontro un cacciatore all’antica che si dice disgustato dal comportamento dei suoi connazionali e dal fatto che l’Fknk è tollerante nei loro confronti. Mi spiega che la caccia indiscriminata è nel “sangue” maltese, e che era irragionevole aspettarsi che i cacciatori cambiassero di colpo dopo l’ingresso del paese nell’Unione europea (“Se una nasce prostituta”, mi dice, “non diventerà mai suora”). Ma poi aggiunge che la colpa è soprattutto dei cacciatori più giovani, e che l’abbassamento del limite di età per la licenza di caccia da ventuno a diciotto anni ha peggiorato la situazione. “E ora che hanno cambiato il regolamento sulla caccia primaverile”, aggiunge, “chi rispetta la legge non può uscire, ma quelli che cacciano in modo indiscriminato escono ancora, perché non ci sono controlli a sufficienza. Questa primavera ho passato tre settimane in campagna, e ho visto una sola macchina della polizia”.

A Malta la principale stagione di caccia è sempre stata la primavera, e il cacciatore afferma che se la stagione primaverile venisse chiusa definitivamente, lui con tutta probabilità continuerà a cacciare in autunno finché i suoi due cani rimarranno in vita, e poi smetterà e si dedicherà al birdwatching. “Sta succedendo qualcos’altro”, prosegue. “Voglio dire, dove sono le tortore?

Quando ero giovane e uscivo a caccia con mio padre, guardavamo in cielo e ne vedevamo a migliaia. Adesso siamo in alta stagione, e ieri sono rimasto fuori tutto il giorno e ne ho viste dodici. Sono due anni che non vedo un succiacapre. E cinque anni che non vedo un codirossone. Lo scorso autunno sono uscito tutte le mattine e tutti i pomeriggi con i miei cani in cerca di beccacce, ne ho viste tre e non ho sparato neanche un colpo. E questo è un altro aspetto del problema: la gente è frustrata. ‘Se non trovo beccacce, sparerò a un gheppio’, dicono”.

La domenica, verso sera, io e Temuge ci appostiamo in un punto alto e appartato per spiare con il telescopio due uomini che scrutano il cielo e i campi con il binocolo. “Sono senz’altro cacciatori”, dice Temuge. “Tengono nascosto il fucile finché non passa qualcosa a cui sparare”. Ma quando trascorre un’ora senza che passi niente, i due uomini prendono il rastrello e cominciano a sarchiare l’orto, alzando solo ogni tanto il binocolo, e dopo un’altra ora si mettono a lavorare ancora più sodo, perché gli uccelli non ci sono.

L’Italia è una lunga e stretta forca caudina per i migratori alati. Ogni anno i bracconieri del bresciano intrappolano un milione di uccelli canori da vendere ai ristoranti che offrono polenta e osei: polenta con gli uccelli. I boschi della Sardegna sono pieni di lacci metallici, le lagune venete fanno da sfondo al massacro delle anatre svernanti, e l’Umbria, la terra di san Francesco, è la regione con il più alto numero di cacciatori rispetto alla popolazione. In Toscana i cacciatori devono rispettare una certa quota di beccacce e colombacci e quattro uccelli canori legalmente cacciabili, tra cui l’allodola e il tordo bottaccio; ma all’alba, nella bruma, è difficile distinguere le prede consentite da quelle vietate, e comunque chi ci farebbe caso? Più a sud, in Campania, una regione controllata in gran parte dalla camorra, l’habitat più invitante per i migratori acquatici e i trampolieri è costituito dai campi inondati dalla camorra e affittati ai cacciatori per cifre che raggiungono i mille euro al giorno: i commercianti all’ingrosso arrivano da Brescia con camion frigoriferi per raccogliere gli uccelli catturati dai piccoli bracconieri. Il territorio di intere province campane è ricoperto di trappole per sette diverse specie di melodiosi fringillidi europei, e i camorristi pagano profumatamente per gli uccelli canori addestrati che vengono venduti nei mercati illegali. Più a sud, in Calabria e in Sicilia, la caccia al falco pecchiaiolo durante la migrazione primaverile è stata ridotta grazie a numerose azioni di polizia e alla sorveglianza dei volontari, ma la Calabria è ancora piena di bracconieri che, se sanno di poterla passare liscia, sparano a tutto ciò che vola.

Una vecchia, singolare legge del codice civile italiano, promulgata dai fascisti per favorire la dimestichezza con le armi da fuoco, concede ai cacciatori, e solo a loro, il diritto di entrare in una proprietà privata, a chiunque appartenga, per inseguire la selvaggina. Negli anni ottanta più di due milioni di cacciatori con licenza imperversavano nelle campagne italiane, svuotate dallo spostamento degli abitanti verso le città. In Italia, tuttavia, gran parte della popolazione urbana è contraria alla caccia, e nel 1992 il parlamento italiano ha approvato una delle leggi venatorie più restrittive d’Europa, che dichiarava, in maniera del tutto radicale, che la fauna selvatica appartiene esclusivamente allo stato italiano, riducendo così la caccia a una concessione straordinaria. Nei vent’anni successivi la popolazione di alcuni dei grossi animali più simpatici d’Italia, tra cui i lupi, è aumentata in maniera spettacolare, mentre il numero delle licenze di caccia è sceso sotto le ottocentomila. Queste due tendenze hanno spinto Franco Orsi, un senatore ligure del partito di Silvio Berlusconi, a presentare un disegno di legge per liberalizzare l’uso dei richiami vivi ed estendere i tempi e i luoghi in cui è consentita la caccia. Il parlamento ha approvato un’altra legge “comunitaria”, per adeguare l’Italia alla direttiva europea e quindi evitare le multe pendenti per centinaia di milioni di euro. Ma ha fatto una grande concessione ai cacciatori: la stagione della caccia ad alcune specie è stata prolungata fino a febbraio. Incontro Orsi nella sede di Genova del suo partito, alla vigilia delle elezioni regionali del 2010 che segneranno una nuova vittoria della coalizione di Berlusconi. Orsi, un bell’uomo sulla quarantina dallo sguardo dolce, è un appassionato cacciatore che sceglie dove andare in vacanza in base alle prede cacciabili. Sostiene di voler aggiornare la legge del 1992 perché ha causato una vertiginosa espansione delle specie dannose; perché i cacciatori italiani dovrebbero poter fare quello che fanno i francesi e gli spagnoli; perché i proprietari privati possono gestire i terreni per l’allevamento della selvaggina meglio dello stato e perché la caccia è un’attività che porta benefici dal punto di vista sociale e spirituale. Mi mostra un giornale con la foto di un cinghiale che corre per le strade di Genova. Mi spiega che gli storni rappresentano una minaccia per aeroporti e vigneti. Ma quando mi dichiaro d’accordo sulla necessità di controllare cinghiali e storni, Orsi aggiunge che i cacciatori non amano sparare ai cinghiali nella stagione imposta dalle autorità. “E comunque, non posso accettare che si possa sparare solo a cinghiali, nutrie e storni”, dice. “Questo può farlo l’esercito”.

Gli chiedo se è favorevole a cacciare ogni specie dell’avifauna fino al massimo compatibile con il mantenimento della popolazione esistente. “Immaginiamo la fauna come un capitale che si rivaluta ogni anno”, mi risponde. “Se spendo l’interesse, posso sempre tenermi il capitale, e il futuro della specie e della caccia sarà salvaguardato”.
“Ma c’è anche un’altra strategia di investimento, quella di reinvestire parte degli interessi per far crescere il capitale”, ribatto.
“Questo varia da specie a specie. Per ciascuna specie esiste una densità ottimale, e alcune hanno una densità più alta dell’ottimale, altre più bassa. Perciò la caccia deve regolare l’equilibrio”.

Durante i miei precedenti viaggi in Italia mi era sembrato che quasi tutte le specie dell’avifauna avessero una densità inferiore a quella ottimale. Visto che Orsi non è d’accordo con me, gli chiedo in che modo secondo lui sparare a uccelli inoffensivi può giovare alla società. Con mia grande sorpresa mi risponde citando Peter Singer, l’autore di Liberazione animale, per dimostrare che, se ogni uomo dovesse mangiare solo gli animali che riesce a uccidere, saremmo tutti vegetariani. “Nella nostra società urbana abbiamo perso quella relazione uomo-animale che conteneva un elemento di violenza”, dice. “Quando avevo quattordici anni mio nonno, secondo la tradizione di famiglia, mi fece uccidere un pollo, e oggi ogni volta che mangio il pollo mi ricordo che è un animale. Per tornare a Peter Singer, il consumo eccessivo di animali nella nostra società corrisponde al consumo eccessivo di risorse. Enormi quantità di spazio sono dedicate agli allevamenti industriali, perché abbiamo perso il senso dell’identità rurale. Non dovremmo pensare che la caccia sia l’unica forma di violenza umana contro l’ambiente. E la caccia, in questo senso, è istruttiva”.

Pensavo che Orsi non avesse tutti i torti, ma secondo gli ambientalisti italiani con cui ho parlato dopo la sua retorica dimostra solo che è bravo a manipolare i giornalisti. Dietro la spinta a liberalizzare le leggi sulla caccia, tutti gli ambientalisti vedono la mano della potente industria italiana di armi e munizioni. Come mi dice uno di loro: “Quando qualcuno ti chiede cosa produce la tua impresa, tu cosa rispondi: ‘Mine antiuomo che uccidono bambini bosniaci’, oppure ‘Fucili tradizionali per gente che ama aspettare all’alba l’arrivo delle anatre nella palude’?”.

È impossibile sapere quanti uccelli vengono uccisi in Italia. Il numero di tordi bottacci denunciati in un anno, per esempio, va dai tre ai sette milioni, ma Fernando Spina, dirigente di ricerca dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, considera queste stime “altamente prudenziali”, visto che solo i cacciatori più coscienziosi compilano correttamente il tesserino, le guardie venatorie non hanno personale sufficiente per sorvegliare i cacciatori, i database provinciali non sono quasi mai computerizzati e la maggior parte delle autorità venatorie locali ignora regolarmente le richieste di dati. Quel che è noto è che l’Italia è una rotta migratoria di cruciale importanza. Qui si segnalano ritrovamenti di uccelli inanellati provenienti da ogni paese d’Europa, da trentotto paesi africani e sei asiatici. E in Italia la migrazione di ritorno comincia molto presto, in alcuni casi addirittura alla fine di dicembre. La direttiva uccelli dell’Unione europea protegge tutti gli uccelli in migrazione di ritorno, consentendo la caccia solo entro i limiti della naturale mortalità autunnale, e perciò la maggior parte dei cacciatori responsabili ritiene che la stagione dovrebbe terminare il 31 dicembre. La nuova legge comunitaria italiana, tuttavia, va nel senso opposto, ed estende la stagione fino a febbraio. Poiché i migratori che rientrano per primi sono in genere i più forti della specie, la nuova legge trasforma in bersagli proprio gli uccelli che hanno le migliori possibilità di riprodursi. Una stagione più lunga, inoltre, protegge i bracconieri delle specie protette, perché uno sparo illegale e uno legale producono lo stesso rumore. E senza dati precisi è impossibile sapere se il limite annuale regionale per ciascuna specie rientri nella mortalità naturale. “Il limite annuale è una cifra arbitraria, decisa dai funzionari locali”, dice Spina. “Non ha niente a che vedere con il numero effettivo di uccelli censiti”.

Anche se la perdita di habitat è il motivo principale della drastica diminuzione degli uccelli d’Europa, la caccia all’italiana (caccia selvaggia, come la chiamano i suoi detrattori) aggiunge al danno anche la beffa. Fulco Pratesi è un ex cacciatore di animali di grossa taglia che ha fondato il Wwf Italia e ora considera la caccia una “mania”. Quando gli chiedo perché i cacciatori italiani sono così entusiasti di sparare agli uccelli, lui cita l’amore dei suoi connazionali per le armi, il loro radicato “atteggiamento virile”, il loro piacere nell’infrangere la legge e, stranamente, il loro amore per la natura. “Un po’ come uno stupratore che ama le donne ma esprime il suo amore in modo violento e perverso”, dice Pratesi. “Si cacciano uccelli che pesano ventidue grammi con cartucce da trentadue grammi”. Gli italiani, aggiunge, si affezionano più facilmente ad animali “simbolici” come il lupo e l’orso, e in effetti sono riusciti a proteggerli meglio di quanto abbia fatto il resto d’Europa. “Ma gli uccelli sono invisibili”, continua. “Non li vediamo, non li sentiamo. Nell’Europa del nord, l’arrivo degli uccelli migratori è un fatto visibile e udibile che commuove le persone. Qui la gente vive nelle città e in caseggiati enormi, e gli uccelli sono letteralmente tra le nuvole”.

Per buona parte della sua storia, l’Italia è stata visitata in primavera e in autunno da enormi quantità di pacchetti volanti di proteine, e a differenza dell’Europa del nord, dove le persone hanno imparato a vedere la correlazione tra lo sfruttamento eccessivo e il calo delle risorse, nel Mediterraneo le riserve sembravano illimitate. Un bracconiere di Reggio Calabria, ancora risentito per il divieto di sparare al falco pecchiaiolo, mi spiega: “A Reggio ne uccidevamo solo duemilacinquecento ogni primavera, su un passaggio totale di sessanta-centomila: non erano mica tanti”. L’unico modo in cui riesce a capire la messa al bando del suo sport è in termini di denaro. Mi dice, in tutta serietà, che certe organizzazioni antibracconaggio sono nate solo per spillare soldi allo stato, e che le leggi antibracconaggio sono state fatte proprio perché servivano bracconieri contro cui combattere. “E ora questa gente si arricchisce a spese dello stato”, conclude.

In una provincia dell’Italia meridionale ho conosciuto un ex bracconiere fanciullesco e sbarazzino di nome Sergio. Dopo essere entrato nella mezza età, sentendo di aver ormai superato una certa fase della vita, Sergio ha smesso di andare a caccia di frodo, e adesso racconta storielle comiche sui suoi “peccati di gioventù”. La caccia notturna, da sempre illegale, non è mai stata un problema, mi dice Sergio, se i tuoi compagni di battuta erano il prete della parrocchia e il brigadiere dei carabinieri. Il brigadiere risultava particolarmente utile per dissuadere le guardie forestali dal perlustrare i dintorni. Una sera in cui erano usciti a caccia insieme, Sergio e il brigadiere s’imbatterono in un gufo, irrigidito su una staccionata davanti ai fari della jeep. Il brigadiere disse a Sergio di sparare al gufo. Quando Sergio esitò, il brigadiere prese un badile, girò intorno al gufo e lo colpì sulla testa. Poi lo caricò nel retro della jeep.
“Perché?”, chiedo a Sergio. “Perché voleva uccidere il gufo?”.
“Perché stavamo cacciando!”.

Alla fine della nottata, quando il brigadiere aprì il portellone della jeep, il gufo, che era solo stordito, gli volò addosso: Sergio spalanca le braccia e fa una smorfia ridicolmente feroce per descrivermi la scena. Sergio è sempre andato a caccia per mangiare. Mi insegna un proverbio nel suo dialetto: “Mangia carne di pinna, e sia curnocchia; ama core gentile, e sia ’na vecchia” (mangia carne di pennuto anche se è di cornacchia; ama una donna dal cuore gentile anche se è anziana). “La cornacchia puoi cuocerla per sei giorni, e rimane sempre dura”, mi dice. “Ma in brodo non è male. Ho mangiato anche il tasso e la volpe: ho mangiato di tutto!”. L’unico uccello che gli italiani non sembrano interessati a mangiare è il gabbiano. Perfino il falco pecchiaiolo, anche se per tradizione le famiglie meridionali ne tenevano un esemplare impagliato nella stanza più importante della casa (da queste parti il falco pecchiaiolo è soprannominato adorno, dal verbo “adornare”), veniva consumato come manicaretto primaverile. Il bracconiere di Reggio mi ha dato la sua ricetta per cuocerlo in fricassea con zucchero e aceto.

I “cacciatori selvaggi” italiani che, a differenza di Sergio, non hanno abbandonato il vecchio passatempo, e sono frustrati perché la selvaggina diminuisce e le restrizioni aumentano, hanno imparato a spostarsi nel Mediterraneo in cerca di emozioni. Lungo la costa della Campania parlo con un bracconiere allegramente incallito, un incorreggibile giovane-vecchio mezzo sdentato il quale, ora che non può più allestire un capanno sulla spiaggia e sparare a un numero illimitato di migratori in arrivo, si accontenta di passare le vacanze in Albania, dove può ancora sparare a tutto quello che trova, in qualunque momento, per una tariffa molto bassa. Le trasferte all’estero sono popolari tra i cacciatori di tutte le nazioni, ma gli italiani sono generalmente considerati i peggiori. I più ricchi vanno in Siberia a sparare alla beccaccia durante il volo nuziale primaverile, o in Egitto, dove mi hanno detto che i cacciatori possono ingaggiare un poliziotto per andare a recuperare le prede mentre loro sparano a ibis e a specie di anatre minacciate finché non gli si stancano le braccia; su internet si trovano foto di turisti cacciatori in posa accanto a enormi mucchi di carcasse di uccelli.

I cacciatori responsabili italiani detestano i cacciatori selvaggi. Detestano Franco Orsi. “In Italia c’è uno scontro culturale tra due visioni della caccia”, mi spiega Massimo Canale, un giovane cacciatore di Reggio Calabria. “Da una parte ci sono quelli come Orsi, che dicono: ‘Apriamola del tutto’. Dall’altra ci sono le persone che si sentono responsabili del posto in cui vivono. Per diventare un cacciatore selettivo non basta la licenza. Occorre studiare biologia, fisica, balistica. Il cacciatore selettivo uccide cinghiali e cervi: ha un ruolo da svolgere”. Canale ha scoperto il suo istinto predatorio da bambino, quando andava a caccia in modo indiscriminato insieme al nonno, e si considera fortunato di aver conosciuto persone che gli hanno insegnato un modo migliore di cacciare. “Non m’importa se non uccido qualcosa tutti i giorni”, mi dice. “Ma l’obiettivo è uccidere, mentirei se lo negassi. C’è un conflitto tra il mio istinto predatorio e la mia razionalità, e la caccia selettiva è il modo che ho scelto per cercare di domare l’istinto. Ritengo che ormai questo sia l’unico tipo di caccia possibile. E Orsi non lo sa, oppure non gl’interessa”. Le due visioni della caccia corrispondono in linea di massima alle due facce dell’Italia. C’è l’Italia criminale della camorra e della mafia e l’Italia semicriminale degli amici di Berlusconi, ma esiste anche, ancora oggi, l’Italia che lavora. Gli italiani che combattono il bracconaggio sono motivati dal disgusto per l’illegalità diffusa nel paese, e fanno affidamento sulle informazioni fornite dai cacciatori responsabili, che si sentono frustrati quando, per esempio, non riescono a uccidere nemmeno una quaglia perché sono state tutte attirate dai richiami illegali. A Salerno, la meno disorganizzata delle province campane, esco con una squadra di guardie del Wwf che mi porta a vedere un laghetto artificiale, ora prosciugato, dove di recente hanno pizzicato il presidente di un’associazione venatoria provinciale mentre usava richiami elettronici illegali per attirare gli uccelli. Vicino al laghetto, in una campagna desolata coperta di teloni di plastica bianchi, incombe un cumulo mezzo disintegrato di “ecoballe”, le balle cellofanate di spazzatura napoletana che sono state scaricate in tutto il territorio campano e sono diventate un simbolo della crisi ambientale italiana. “Era la seconda volta in due anni che lo prendevamo”, mi dice il caposquadra. “Era un membro del comitato che regola la caccia nella provincia, ed è rimasto il presidente anche dopo essere stato incriminato. Ci sono altri presidenti provinciali che fanno la stessa cosa, ma sono più difficili da prendere”.

Un esempio luminoso dell’Italia che lavora è la repressione della caccia di frodo al falco pecchiaiolo sullo stretto di Messina. Tutti gli anni, a partire dal 1985, la guardia forestale nazionale ha assegnato una squadra supplementare con elicotteri per pattugliare il versante calabrese dello stretto. Anche se ultimamente la situazione in Calabria è un po’ peggiorata – quest’anno la squadra era più piccola che in passato e si è fermata per meno giorni, e si stima che siano stati abbattuti quattrocento esemplari, il doppio che negli anni scorsi – il versante siciliano dello stretto, sotto il controllo di Anna Giordano, rimane fondamentalmente libero da bracconieri.

Dal 1981, quando aveva quindici anni, Giordano tiene d’occhio i bunker di cemento da cui i rapaci venivano abbattuti a migliaia mentre sorvolavano a bassa quota le montagne sopra Messina. A differenza dei calabresi, che il falco pecchiaiolo lo mangiavano, i siciliani lo uccidevano esclusivamente per rispettare la tradizione, per fare a gara tra loro e per portare a casa un trofeo. Alcuni sparavano a qualunque cosa volasse, altri si limitavano al falco pecchiaiolo (che veniva chiamato “l’Uccello”), a meno che non avvistassero un’autentica rarità come l’aquila reale. Giordano correva dai bunker al telefono pubblico più vicino, da dove chiamava la guardia forestale, e poi di nuovo ai bunker. Le hanno danneggiato più volte la macchina, l’hanno minacciata e insultata, ma nessuno le ha mai fatto del male, probabilmente perché era una giovane donna (la parola italiana per “uccello”, un comune sinonimo di “pene”, ha spesso generato battute volgari su di lei, ma un poster che ho visto sulla parete del suo ufficio capovolgeva la battuta: “La tua virilità? Un uccello morto”). Con successo sempre maggiore, soprattutto dopo l’arrivo dei telefoni cellulari, Giordano ha costretto la guardia forestale a usare la mano pesante con i bracconieri, e la sua fama crescente ha attirato l’attenzione dei mezzi d’informazione e le ha portato legioni di volontari. Negli ultimi anni, le sue squadre hanno denunciato meno di una decina di spari per stagione.

“I primi anni”, mi dice Giordano mentre la seguo in cima a una collina per osservare il passaggio dei falchi, “non osavamo neanche alzare il binocolo quando contavamo i rapaci, perché i bracconieri ci tenevano d’occhio e se ci vedevano guardare in alto cominciavano a sparare. Sulle schede di osservazione di quel periodo si trovano un sacco di ‘rapaci non identificati’. E oggi possiamo stare qui tutto il pomeriggio a confrontare le barre alari delle albanelle femmine di un anno senza sentire nemmeno uno sparo. Un paio d’anni fa, uno dei bracconieri peggiori, un uomo violento, stupido e volgare che ci importunava dovunque andassimo, mi si accostò con la macchina e mi chiese se potevamo parlare. ‘Eh-eh-eh, certo’, feci io. Mi chiese se mi ricordavo cosa gli avevo detto venticinque anni prima. Io risposi che non mi ricordavo neanche cosa avevo detto il giorno prima. E lui: ‘Mi hai detto che sarebbe venuto il giorno in cui avrei amato gli uccelli anziché ammazzarli. Sono venuto a dirti che avevi ragione. Adesso, quando esco con mio figlio, non gli dico più: ‘Hai preso il fucile?’, ma: ‘Hai preso il binocolo?’. Allora gli ho dato il mio binocolo – a un bracconiere! – perché potesse osservare il falco pecchiaiolo che volava sopra di noi”.

Giordano è una donna piccola, scura e zelante. Negli ultimi tempi ha attaccato l’amministrazione locale per gli abusi edilizi intorno a Messina e, come se non avesse già abbastanza da fare, collabora alla gestione di un centro di recupero della fauna selvatica. Ho già visitato un ospedale veterinario italiano, negli edifici di un ex ospedale psichiatrico di Napoli, e ho visto le lastre di un falco punteggiate dai pallini di piombo, diversi rapaci convalescenti all’interno di grandi gabbie, e un gabbiano con la zampa sinistra annerita e raggrinzita dal contatto con una sostanza acida. Al centro di recupero, su una collina dietro Messina, guardo Anna Giordano imboccare con pezzi di tacchino crudo una piccola aquila accecata da una raffica di pallini. Con una mano afferra gli artigli dell’aquila e la stringe a sé. Le penne della coda sporche e flosce, lo sguardo arcigno ma impotente, l’animale lascia che Giordano le apra il becco e le riempia il gozzo di carne. L’uccello mi sembra una vera aquila e allo stesso tempo qualcosa che non è più un’aquila: qualcosa che non riconosco.

Come la maggior parte dei ristoranti ciprioti che servono ambelopoulia, quello dove vado insieme a un mio amico e a un suo amico (li chiamerò Takis e Demetrios) ha una saletta privata in cui si possono consumare gli uccellini con discrezione. Attraversiamo la sala principale, dove la tv trasmette a tutto volume una delle telenovele brasiliane che vanno per la maggiore a Cipro, e ci sediamo davanti a una raffica di specialità cipriote: maiale affumicato, formaggio fritto, fiori di cappero sott’aceto, uova con asparagi selvatici e funghi, salsiccia al vino, couscous. Il proprietario ci porta anche tre tordi bottacci fritti che non abbiamo chiesto, e indugia accanto al nostro tavolo come per assicurarsi che mangi la mia porzione. Penso a san Francesco, che una volta all’anno, a Natale, metteva da parte il suo amore per gli animali e mangiava carne. Penso a un ragazzo di nome Woody, che durante una gita in campeggio della mia adolescenza mi offrì un assaggio di tordo americano fritto. Penso a un importante ambientalista italiano che, parlando con me, ha ammesso che i tordi bottacci sono “terribilmente buoni”. L’ambientalista aveva ragione. La carne è scura e succulenta, e le dimensioni del volatile, più grande di un ambelopoulia, mi permettono di considerarlo una normale pietanza da ristorante, più o meno, e di considerare me stesso un normale cliente.

Quando il proprietario se ne va, chiedo a Takis e Demetrios chi sono i ciprioti che amano mangiare l’ambelopoulia.
“Quelli che lo mangiano spesso”, risponde Demetrios, “sono gli stessi che frequentano i cabaret, i night club con ballerine di pole dance e ragazze dell’est disponibili. In altre parole, gente con un livello di moralità non molto elevato. Cioè la maggior parte dei ciprioti. Qui c’è un detto: ‘Tutto quel che puoi cacciarti in bocca, tutto quello che puoi prendere con il culo…’”.
“Perché la vita è breve”, interviene Takis.
“La gente arriva a Cipro e crede di essere in un pae­se europeo, perché facciamo parte dell’Unione europea”, prosegue Demetrios. “In realtà siamo un paese mediorientale che solo per caso si trova in Europa”.
La sera prima, al commissariato di polizia di Paralimni, ho rilasciato una dichiarazione a un giovane investigatore che sembrava volesse sentirmi dire che chi aveva aggredito la squadra del Cabs aveva solo intenzione di farci smettere di scattare foto e girare video.
“Per le persone di qui”, mi ha spiegato alla fine, “intrappolare uccelli è una tradizione che non si può cambiare da un giorno all’altro. Cercare di parlare con loro e spiegare perché sbagliano è un approccio più utile di quello aggressivo del Cabs”.
Forse aveva ragione, ma io ho già sentito questo appello alla pazienza in diverse parti del Mediterraneo, e mi sembra un’altra versione del più generale appello del consumismo moderno: aspettate finché non avremo esaurito tutte le risorse naturali, e poi voi amanti della natura potrete tenervi quel che rimane.
Mentre io, Takis e Demetrios aspettiamo la dozzina di ambelopoulia che stanno per arrivare, discutiamo su chi li mangerà.

“Magari ne assaggerò un pezzettino”, azzardo.
“A me non piace l’ambelopoulia”, dice Takis.
“Neanche a me”, dice Demetrios.
“Okay”, dico io. “Ve bene se io ne prendo due e voi ne prendete cinque per uno?”.
Scuotono la testa.
Poco dopo, con sconcertante rapidità, il proprietario ritorna con un piatto. Nella luce violenta della saletta, le ambelopoulia sembrano una dozzina di luccicanti stronzi grigio-giallognoli. “Lei è il primo americano a cui li servo”, mi dice il proprietario. “Ho avuto parecchi russi, ma un americano mai”. Ne metto una sul piatto, e il proprietario mi assicura che mangiandola otterrò un effetto equivalente a due pillole di Viagra.

Quando restiamo di nuovo soli, il mio campo visivo si riduce a pochi centimetri, come quando sezionai una rana durante la lezione di biologia di prima superiore. Mi costringo a mangiare i muscoli del petto grossi come due mandorle, che costituiscono la sola carne di tutto il piatto; il resto è cartilagine unta, interiora e minuscoli ossicini. Non riesco a capire se il sapore amaro della carne sia reale oppure un prodotto dell’emozione, l’incantesimo della capinera uccisa.
Takis e Demetrios stanno spazzando via in fretta i loro otto uccelli, succhiando le ossa e dicendo che l’ambelopoulia è un piatto molto migliore di quanto ricordassero, anzi, è proprio buona. Io smembro un altro uccellino e poi, sentendomi un po’ male, avvolgo i due che restano in un tovagliolo di carta e me li infilo in tasca. Il proprietario torna e mi domanda se mi sono piaciuti.
“Mmm!”, rispondo.
“Se non mi avesse chiesto questo piatto”, aggiunge in tono pieno di rammarico, “credo che si sarebbe davvero gustato l’agnello, questa sera”.
Io non rispondo, ma ora, come se fosse soddisfatto dalla mia complicità, l’uomo diventa loquace: “Oggi i ragazzini non mangiano volentieri l’ambelopoulia. Una volta si cominciava da giovani, e ci si abituava al sapore. Il mio bambino può mangiarne dieci per volta”.
Takis e Demetrios si scambiano un’occhiata scettica.
“È un peccato che abbiano proibito questo piatto”, continua il proprietario, “perché era una grande attrazione turistica. Oggi è quasi come il traffico di droga. Una dozzina di uccelli mi costa sessanta euro. Quei maledetti stranieri vengono qui, tirano giù le reti e le distruggono, e noi ci siamo arresi. Un tempo catturare l’ambelopoulia era un modo per guadagnare un po’ di soldi, da queste parti”.
Fuori, ai margini del parcheggio del ristorante, vicino ad alcuni cespugli dove poco fa ho sentito cantare l’ambelopoulia, mi inginocchio e scavo un buco nel terreno con le dita. Il mondo mi sembra particolarmente privo di significato, e la cosa migliore che posso fare per combattere questa sensazione è estrarre i due uccelli morti dal tovagliolo, deporli nel buco e ricoprirli con un po’ di terra. Poi Takis mi accompagna in una taverna vicina, dove alcuni uccelli di medie dimensioni stanno cuocendo sulla griglia all’aperto. È una specie di cabaret dei poveri, e quando ordiniamo le birre al bar, una delle entraineuse, una moldava bionda dalle gambe grosse, avvicina lo sgabello al nostro tavolo.

L’azzurro del Mediterraneo non mi attira più. La trasparenza delle sue acque, tanto apprezzata dai vacanzieri, è la trasparenza di una piscina sterile. Sulle sue spiagge ci sono pochi odori e pochi uccelli, e i suoi fondali saranno presto vuoti. La maggior parte del pesce consumato in Europa viene pescato illegalmente, senza che nessuno faccia domande, nell’oceano a ovest dell’Africa. Guardo l’azzurro e invece di un mare vedo una cartolina, sottile e fragile.

Eppure è stato il Mediterraneo, e in particolare l’Italia, a darci il poeta Ovidio, che nelle Metamorfosi disapprovava il consumo di carne animale, e Leonardo da Vinci, che era vegetariano e immaginava un giorno in cui la vita di un animale sarebbe stata considerata sullo stesso piano di quella di una persona, e san Francesco, che supplicò l’imperatore del Sacro romano impero di spargere il grano sui campi il giorno di Natale per offrire un banchetto alle allodole. Secondo san Francesco l’allodola cappellaccia, che con il piumaggio marrone smorto e la testina crestata ricordava il saio con cappuccio dei suoi frati minori, dei suoi piccoli fratelli, rappresentava un modello per l’ordine da lui fondato: vagava leggera come l’aria, senza mettere da parte nulla, limitandosi a racimolare il cibo necessario per la giornata, senza mai smettere di cantare. Si rivolgeva a lei chiamandola sorella allodola. Una volta, sul ciglio di una strada in Umbria, san Francesco predicò agli uccelli, che secondo la leggenda gli si radunarono intorno in silenzio, lo ascoltarono con l’aria di capire tutto, e poi lo rimproverarono perché quella era la prima volta che si rivolgeva a loro. Un’altra volta, invece, san Francesco voleva predicare agli esseri umani, ma uno stormo di rondini glielo impediva con i suoi garriti, e allora il santo disse, arrabbiato o gentile (le fonti non sono chiare): “Sorelle rondini, avete detto la vostra. Ora tacete e lasciate parlare me”. Secondo la leggenda, le rondini tacquero immediatamente.

Visito il luogo del sermone in compagnia di un frate francescano, Guglielmo Spirito, che è anche un appassionato studioso di Tolkien. “Fin da bambino”, mi racconta Guglielmo, “sapevo che sarei diventato un francescano. La cosa che mi attirava più di tutte, da giovane, era il rapporto di san Francesco con gli animali. Per me la sua lezione è la stessa di quella delle fiabe: l’unione con la natura non è solo desiderabile, ma anche possibile. Il santo è un esempio di integrità riconquistata, di un’integrità che è davvero alla nostra portata”. Non c’è alcuna traccia di integrità nell’edicola che commemora la predica agli uccelli, e che sorge sul ciglio di una strada trafficata di fronte a un distributore Vulcangas. A parte il gracchiare di un paio di cornacchie e il cinguettio delle cince, il rumore principale è il rombo delle auto, dei camion e dei trattori di passaggio. Tornati ad Assisi, però, Guglielmo mi porta a visitare due luoghi francescani decisamente incantevoli. Uno era il Sacro tugurio, l’edificio di pietra grezza dove san Francesco e i suoi primi seguaci vissero in volontaria povertà e crearono una confraternita. L’altra era la minuscola cappella di Santa Maria degli angeli, sulla quale, la notte in cui san Francesco morì, la leggenda narra che le sue sorelle allodole volassero cantando. Entrambe le strutture sono ora completamente racchiuse in chiese di epoca successiva, più grandi e decorate. Un architetto, un italiano pragmatico, ha ritenuto opportuno piantare una grossa colonna di marmo in mezzo al Sacro tugurio.

Nessuno dopo Gesù ha vissuto un’esistenza così fedele all’insegnamento del Vangelo come quella di san Francesco; e san Francesco, libero dal fardello di essere il Messia, fece anche meglio di Gesù, ed estese il Vangelo a tutta la creazione. Ho l’impressione che se gli uccelli selvatici sopravvivranno nell’Europa moderna, lo faranno alla maniera di quei piccoli antichi edifici francescani, nascosti dalle strutture di una Chiesa vanagloriosa e potente: come amate eccezioni alla regola.

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Traduzione di Silvia Pareschi.

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Jonathan Franzen è uno scrittore statunitense che vive a New York. Il suo terzo romanzo, Le correzioni (Einaudi 2002), ha vinto il National Book Award nel 2002. Il suo nuovo romanzo, Libertà, sarà pubblicato in Italia da Einaudi il 15 marzo 2011. Questo articolo è uscito sul New Yorker con il titolo Emptying the skies.

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Internazionale, numero 886, 25 febbraio 2011

   
 
Pubblicato da Piero il 03/02/2011 alle 18:18:58, in romantispecismo, letto 2259 volte

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Un nuovo anno di lotta a 360 gradi
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Dal 2003 ad oggi la campagna AIP ha organizzato centinaia di iniziative di protesta e divulgazione contro il mercato delle pellicce in Italia e all'estero. In questi anni le modalità di intervento sulla questione si sono evolute e trasformate diverse volte scegliendo man mano gli obiettivi e i metodi che sembravano essere più funzionali per il momento e il luogo in cui venivano utilizzati.

Questo processo di cambiamento, che ha coinvolto tanto l'aspetto pratico delle proteste quanto quello teorico, è sempre stato necessario per risultare efficaci e comunicativi con il mutare delle condizioni esterne e dell'attitudine delle persone nei confronti degli attivisti. Ad oggi la campagna AIP sta subendo un nuovo e importante rinnovamento che ci porterà ad agire in maniera leggermente differente pur mantenendo sempre in primo piano l'impegno e la voglia di agire che ci ha sempre contraddistinto.

Il movimento di liberazione animale italiano ed internazionale sta vivendo un momento del tutto nuovo nella sua storia. Un gran numero di persone si sta avvicinando alle iniziative su vasta scala proposte, e la questione animale in ogni suo aspetto sembra avere oggi un'attrattiva maggiore rispetto a qualche anno fa. Per contro le aziende e i grandi poteri che stanno dietro allo sfruttamento animale stanno cercando di fare quadrato insieme alle amministrazioni politiche per tutelare i propri interessi e poter continuare indisturbate le loro attività sotto la bandiera del diritto d'impresa e della legalità .

In questo nuovo scenario è necessario per noi e per tutto il movimento di liberazione animale ragionare sulle proprie strategie di comunicazione e di intervento per adattarsi a questa nuova situazione e non perdere l'efficacia che si è gradualmente raggiunta negli anni.

Analizzando sul pratico l'azione della campagna si è giunti alla conclusione di iniziare una attività di pressione non più focalizzata su un singolo marchio ma mirare ad interventi più ad ampio raggio che coinvolgano tutto l'universo del mercato della pelliccia e oltre. Questo non vuol dire per noi abbandonare completamente gli obiettivi che fino ad oggi ci eravamo preposti ma non considerarli più in maniera esclusiva. Questo comporterà quindi una pressione verso tutti i marchi e i negozi che espongono capi in pelliccia ma anche un'attenzione verso le grandi case di moda, gli stilisti e gli allevamenti di animali da pelliccia.

Questa azione a 360 gradi ci auguriamo che abbia l'effetto di far capire quanto l'industria della pelliccia sia ramificata e radicata sul territorio italiano sviluppando così la voglia di impegnarsi in prima persona per tutti gli attivisti in ogni parte della penisola.
Ci auguriamo che questo cambiamento possa portare le persone a ragionare in maniera più allargata sulla questione dello sfruttamento e di come esso sia diventato un parte integrante della società civile, affossando ogni individuo considerato differente o inferiore e elevando sempre di più chi gode di posizioni di potere sui propri simili e dissimili.
Combattere questa mentalità vuol dire impegnarsi nella lotta contro le pellicce così come contro la vivisezione, l'industria della carne, la segregazione razziale e sessuale, la distruzione dell'ambiente e delle specie selvagge.

Contro lo specismo, per la liberazione animale
Campagna AIP
 
Pubblicato da Maria Teresa de Carolis il 01/02/2011 alle 15:26:49, in Diario di ValleVegan, letto 3262 volte
La mia camera da letto ha una grande finestra, una vetrata che dà direttamente su una vallata movimentata, collinosa e che dolcemente digrada verso un orizzonte nebbioso di smog ai confini con Roma; le mattine piovose il vento scivola sui campi trasportando gocce e foglie e nelle giornate di sole è una esplosione di verde e giallo, colori talmente accesi che pare penetrino sino dentro la terra per riaffiorare densi di profumi e storie. Io in questa rappresentazione sempre diversa vedo il mondo, il pianeta, vedo una fetta, un frammento dei milioni di respiri che incessantemente si intrecciano e si sfiorano, alimentando un turbine di palpiti e suoni che abitano un’unica casa. Nascere in un qualsiasi luogo del pianeta può essere determinante per il nostro destino, oppure non significare assolutamente nulla, quel nulla che spinge per inerzia milioni, centinaia di milioni di umani verso una vita fatta di abitudini, spesso cattive peraltro, di incoscienza, di crudeltà, di prepotenza. Abitiamo una casa, un luogo magico, dove non siamo soli, condividiamo attimi di esistenza all’unisono; nello stesso istante in cui inalo ossigeno miliardi di altri esseri lo fanno, in altri luoghi, luoghi nascosti, profondità marine o strisce di cielo, grotte sconosciute o corridoi sotterranei, seppure su alture inarrivabili, quei respiri sono un unico battito, un unico cuore, gigantesco e meraviglioso. Abitiamo una casa con pareti sgretolate e pavimenti divelti, dove i nostri coinquilini sono spesso senza cibo, vivono per stenti perché teniamo sotto chiave le provviste e dove non si è mai sazi di quello che si consuma. Il giardino è un luogo prezioso, dove le piante arrivano finanche a toccare le nuvole e dove ogni essere vivente, di qualsiasi dimensione sia, occupa uno spazio, un piccolo spazio tutto suo, che dovrebbe garantire la sua sopravvivenza e dove ritagliarsi momenti di luce e buio; in questo spazio entra l’umano, a rubare buio e luce, a rubare cibo e minuti, a rubare i respiri. Sopravvivere o vivere? Quale umano non si sentirebbe angosciato al pensiero di dover “sopravvivere” ad una guerra, una carestia, un cataclisma? Quale animale non umano, da quando gli umani abitano il pianeta, può sentirsi libero di vivere e non di “sopravvivere”? Abitiamo una casa dove diritti e doveri non sono pari, dove lo spazio si conquista con la forza e senza coraggio, dove illusioni di possesso e prestigio sono al di sopra della coscienza, dove il rispetto e la libertà sono suoni senza note. Libertà…. Libertà di scegliere, ecco cosa mi pare possa essere un buon inizio; scegliere di conservare, di preservare, di lasciar vivere ed amare, libertà di agire per l’altro oltre che per se stessi. L’unica eccezione è scegliere per chi non ha voce, liberare scegliendo per gli oppressi, i deboli, le vittime, annullare l’ego malato di violenza e potere, annullare il centrismo attraverso il quale tutto è niente, tranne l’Io. Un diritto fatto di doveri, diritto non acquisito ma meritato. Ogni mattino, quando i sogni si interrompono bruscamente e la luce fioca e timida inizia a scaldarmi, il mio primo respiro è per il mondo, per il mondo che ho dentro e lascio uscire, per il mondo che comunica e grida, per il mondo che desidero e vorrei fosse… desideri! Abitare una casa è una responsabilità, soprattutto quando in quella casa transitano milioni, miliardi di vite, innumerevoli e vibranti esseri che si intrecciano, si incontrano, si conoscono o si ignorano ma comunque vivono e calpestano lo stesso terreno. Il futuro ha il sapore dell’ inesplorato, dell’oscura e tagliente visione di un lontano inganno, tranne quando disegniamo e costruiamo il futuro che vogliamo che sia, ogni frammento è saldamente legato ad un altro, ogni singolo battito è il battito che prosegue in un altro, un concerto di emozioni e fremiti. Ogni essere ha diritto di abitare un luogo, ogni essere ha diritto ad essere libero, ogni essere merita di avere questo diritto… domanda: quale diritto ha l’uomo all’interno di questa casa, temporaneamente abitata, transitoriamente occupata e prepotentemente requisita?
 
Pubblicato da Piero il 03/12/2010 alle 16:09:12, in anti caccia, letto 3270 volte

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Bilancio del campo antibracconaggio a Brescia 2010

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Cinque settimane contro gli uccellatori delle valli bresciane con I volontari italiani ed europei organizzati dal Comitato contro l’Uccellagione - CABS e che operano in stretta collaborazione col Nucleo Antibracconaggio del Corpo Forestale dello Stato. (10/11/10)

1. Introduzione e risultati

Con la giornata di sabato 6 novembre si è concluso l’annuale campo antibracconaggio del CABS a Brescia, un campo particolare, che ha visto il forte impegno di 67 volontari provenienti da diversi paesi, Italia, Germania e Inghilterra, ma anche provenienti da diverse associazioni, riuniti nello sforzo comune di portare alla luce, denunciare e contrastare il dilagante bracconaggio delle valli bresciane.

Lo definiamo dilagante perché l’illegalità venatoria a Brescia è ancora e sempre la norma, ancora fin troppo protetta dalla complicità della politica provinciale. Di fatto però è vero che grazie alla presenza dei volontari e del N.O.A. alcune forme di bracconaggio si stanno estinguendo, come quella degli archetti.

Le operazioni sono cominciate il 3 ottobre e durate 5 settimane: i volontari hanno perlustrato capillarmente le aree di bracconaggio della Valcamonica, Valtrompia e Valsabbia, da Gussago a Monte Campione e dal lago d’Iseo fino al lago di Garda.

Ogni giorno da 3 a 7 teams sono usciti in perlustrazione intorno ai capanni da caccia, nei boschi o intorno alle case. Alla fine del campo un totale di 3.161 trappole sono state rimosse. Nello specifico:

1.228 archetti,
802 trappoline a scatto “sep”
115 reti
15 trappole “prodine”
1 laccio per ungulati
171 uccelli da richiamo hanno visto di nuovo la libertà.

2. Analisi dei dati

In questo un pettirosso appena mortoQuesti numeri in sè sono relativamente poco elevati, minori comunque di quanto rinvenuto e rimosso nel 2009 (2.159 archetti, 167 reti, 340 sep) e di gran lunga minori dei quasi 13.000 archetti rimossi nel 2001. Ebbene questo è il segno di una vittoria, una fra le più grandi ottenute dal movimento ambientalista sul campo.

Come già annunciato negli anni passati, l’uso degli archetti sta scomparendo a Brescia: questo tipo di trappole particolarmente cruente sono oramai rare nelle valli e retaggio ormai soprattutto di persone anziane che si accaniscono a torturare i pettirossi nonostante la quasi sicurezza di venire prima o poi sorpresi dalla forestale. I mille archetti rinvenuti quest’anno sono stati scoperti dunque in località isolate, mai controllate prima, dove il bracconiere di turno pensava di poter contare sull’impunità grazie all’isolamento territoriale.

Grosse tese di archetti - alcune delle quali anche in mano a veri profesisonisti del bracconaggio - si sono trovate sopra Vaghezza, in Valvestino, a Zone, Brione, Irma, a Lumezzane e in Val d’Opol.

Per le cosiddette “sep” invece il discorso è diverso: queste trappoline sono state viste facilmente in vendita sottobanco nei negozi di caccia e pesca, nelle armerie e uccellerie (in tutti i casi abbiamo avvisato le forze dell’ordine, facilitando non solo la denuncia dei proprietari, ma portando allo smascheramento di alcuni traffici di uccelli da richiamo illegalmente catturati che facevano capo agli stessi negozi). Ne risulta che l’uso del sep come alternativa all’archetto è ormai affermato. I sep vengono piazzati nei giardini, nei cortili, addirittura nei parco giochi, insomma nei pressi delle abitazioni con estrema frequenza. I volontari del CABS si sono concentrati su questa forma di bracconaggio e difatti numerosi siti di cattura con i sep sono spuntati fuori in luoghi inaspettati. Ma non solo: persino in siti tradizionalmente di archetti le sep appaiono a sostituirli. Vi sono bracconieri che piantano un palo nel sentiero come per mettervi sopra l’archetto e invece vi inchiodano sopra il sep. Il sep non è amato solo dal trappolatore tout court, ma anche dai cacciatori: in ben 3 casi i sep erano infatti nel bel mezzo del capanno, fra le bacche e gli uccelli da richiamo.

Non ci stancheremo mai di dirlo abbastanza, ma la caccia e il bracconaggio a Brescia vanno chiaramente a braccetto. Questo connubio è evidente soprattutto per quanto riguarda le reti, continuamente poste in vicinanza dei capanni. Addirittura, in due casi a Pezzoro due capannisti sono stati visti rimuovere in tutta fretta le reti prima di tornare a nascondersi nei capanni, mentre nei pressi di Lumezzane una rete era nuovamente tesa nel mezzo del capanno da caccia. Per questa ragione le reti a Brescia non accennano a diminuire e il numero di quelle rinvenute varia ogni anno fra le 100 e le 170 (si tenga presente che le reti sono estremamente difficili da vedere e il loro rinvenimento richiede una buona dose di fortuna).

3. Casi interessanti

Fra le centinaia di rinvenimenti e operazioni svolte nel 2010, alcune sono di particolare rilevanza:

Roé Volciano: durante un sopralluogo in un negozio di armi, un collaboratore del CABS osserva che i sep vengono venduti sottobanco ai clienti. Viene avvisato il Corpo forestale dello Stato che nei giorni seguenti effettua un sopralluogo. Durante il controllo non solo emergono centinaia di sep pronti per la vendita, ma anche un’ottantina di uccelli da richiamo (crocieri, lucherini, passere mattugie, storni, allodole, fringuelli) senza anello, quindi provenienti da bracconaggio e pronti per essere immessi nell’enorme mercato nero dei richiami.
Roé Volciano: durante un giro nella zona di Villanuova un team del CABS arriva nei pressi di una voliera dove vengono detenuti fringuelli, peppole, nonché tordi e una tordela. Ad un attento esame col binocolo si osserva che molti di questi non presentano anelli alla zampa. Poco distante si scopre anche una rete da uccellagione chiusa in un sacchetto. La proprietà è segnalata alla Forestale che nei giorni successivi effettua il sequestro del materiale. Secondo indiscrezioni si viene a sapere in paese che il verbalizzato è un “allevatore” del FOI, che invece che allevare gli uccelli, li cattura con le reti... la punta di un iceberg...
Serle: durante una passeggiata un volontario della LAC rinviene una rete da uccellagione in un giardino cintato. Dopo un ulteriore esame si scoprono anche dei sep appesi agli alberi. Contattata la forestale di Gavardo, gli agenti intervengono immediatamente, sequestrando nella minuscola proprietà 2 reti, 15 sep e alcuni uccelli protetti detenuti in voliera. In casa appaiono altre reti da uccellagione oltre ad altri sep e una sessantina di pettirossi, capinere e fringuelli surgelati. Non tanto grande è lo stupore quando si scopre che la casa è la dimora del roccolatore ufficiale della Provincia.... bracconiere anche lui.
Bione: nel cimitero del paese i volontari rinvengono e rimuovono un roccolo illegale con 5 reti e 13 richiami vivi (passere scopaiole, lucherini, merli, pettirossi). È il roccoletto illegale più grande rinvenuto negli ultimi anni dal CABS. Gli uccelli da richiamo vengono in massima parte liberati il giorno dopo alle Torbiere d’Iseo, mentre i più malconci sono inviati al Centro di Recupero di Modena.
Un altro roccoletto con 2 reti, alcune trappoline e una decina di richiami è scoperto dai volontari dietro una casa, in un terreno recintato ad Agnosine. Sorpresi dal proprietario, i due volontari tedeschi contattano la Polizia provinciale e rimangono sul posto con le telecamere accese, per evitare che la prova del reato scompaia. Dopo alcune ore si libera una pattuglia che interviene a rimuovere le reti e liberare gli uccelli. Il proprietario della casa viene denunciato per uccellagione.
4. Cacciatori dediti al bracconaggio
Il 2010 è un anno di trionfo per la lotta alle deroghe: dopo 20 anni di prepotenza venatoria finalmente fringuelli e peppole sono stati messi legalmente al riparo dai provvedimenti illegittimi della giunta regionale.

Ciononostante per i piccoli migratori le cose non sono andate molto diversamente. Come ogni anno infatti i volontari non hanno potuto fare a meno di osservare l’abitudinale mattanza di peppole e fringuelli (più pispole e migliarini nella bassa bresciana). I capannisti hanno provato in tutti i modi di cacciare le specie non cacciabili: esponendo comunque i fringuelli di richiamo, tenendoli nascosti ma facendoli cantare in una stanza vicina, utilizzando richiami elettroacustici. Di fatto tutti i capanni visitati avevano al suolo spiumate di peppole e fringuelli, mentre una ventina di esemplari di queste specie sono stati raccolti intorno ai capanni, feriti o morti.

Molti cacciatori hanno addirittura chiamato la Provincia per chiedere quale fosse l’ammenda per abbattere una specie protetta, mentre altri sono stati sentiti gridarsi da capanno a capanno: “Fino a 5 fringuelli paghi solo, da sei è penale”. (In realtà secondo due recenti risoluzioni della Cassazione anche l’abbattimento di un solo fringillide costituisce reato). È facile valutare che a causa dei lassissimi controlli più di un milione fra peppole e fringuelli sono stati comunque abbattuti nelle sole valli bresciane.

5. Guardie venatorie WWF e N.O.A.
Il Nucleo Operativo Antibracconaggio ha svolto brillantemente il suo lavoro ancora una volta. Presente per tutto il mese di ottobre, questo gruppo di forestali, professionisti dell’antibracconaggio, hanno denunciato 119 persone per reati connessi all’uccellagione, sequestrato 34 armi, 726 sep, 1931 archetti, 83 reti, 19 richiami acustici, 889 uccelli morti e hanno liberato 461 uccelli illegalmente detenuti.. La grande efficienza di questo corpo ha dato filo da torcere agli uccellatori bresciani, non a caso infatti l’ANUU (Associazione nazionale uccellatori e uccellinai) ha tentato sulla stampa locale di screditare i forestali, sperando di poter riconquistare negli anni quell’agognato clima di impunità per cacciatori e bracconieri.

Anche le guardie del WWF sono tornate ad essere presenti sul territorio, partecipando al campo antibracconaggio con una decina di collaboratori. Seppure non con gli stessi risultati del 2006, quando venivano denunciati 150 cacciatori in attività di bracconaggio, ciononostante nel 2010 si sono denunciati 26 cacciatori, sequestrando 23 fucili, 21 richiami elettromagnetici, 38 sep, 3 reti, 2 bacchettoni di vischio e più di 100 uccellli fra vivi e morti.

Particolarmente interessante è stata la possibilità che hanno le guardie WWF di scoprire ciò che si cela quotidianamente dietro la pratica venatoria bresciana. In un caso ad esempio le guardie hanno sorpreso in tarda mattinata 5 cacciatori che sparavano da capanno presso uno stagno: al controllo dei carnieri sono spuntati fuori 61 uccelli abbattuti, tutti protetti (soprattutto migliarini di palude, ma anche ballerine e fringuelli). In un altro caso un cacciatore è stato sorpreso mentre controllava la sua rete, situata a poca distanza dal capanno. Arrivati nei pressi di questo, il carniere di mezza giornata è risultato essere 22 pettirossi, 13 fringuelli, 2 lucherini, 1 capinera. Non una specie cacciabile, neanche per sbaglio....

6. Passeri nei supermercati
Nonostante le pressioni di LAC e CABS non vi è ancora nessuna volontà da parte delle forze di polizia di contrarrestare il fenomeno sempre più diffuso della vendita di passeri tunisini nei punti vendita. Ormai anche nelle catene Simply si trovano i passeri surgelati. Eppure c’è una sentenza della Corte di Lussemburgo che dice che sono protette le specie di uccelli europee, anche se appartenenti a popolazioni ubicate al di fuori del territorio dell’UE. In aggiunta vi sarebbe da dire che questi sono comunque bracconati in Tunisia, visto che l’uso di reti e vischio sono altrettanto illegali lì come da noi.

7. Ringraziamenti
Il CABS ci tiene a ringraziare di cuore tutti i partecipanti al campo antibracconaggio, i volontari della LAC che hanno messo a disposizione la loro immensa esperienza sul campo, P.B. e P.C. che ci hanno permesso di arricchire e migliorare le nostre conoscenze del bracconaggio, il C.S.A. di Modena che ha preso in custodia gli uccelli bisognosi di cure, i volontari di Vallevegan, il coordinamento ambientalista bresciano per l’accompagnamento logistico e mediatico, le guardie del WWF per il loro insostituibile impegno e nella speranza che siano ogni giorno più numerosi ed efficaci, infine tutti i volontari inglesi e tedeschi, le guardie toscane e emiliane e quanti hanno dato energia alle operazioni. Grazie!

(Fonte: Comitato contro l'Uccellagione)

 
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