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PROGETTOVIVEREVEGAN
Sabato 8 novembre ore 21
Dopo la MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LE PELLICCE...
Terza cena a cura del collettivo culinario autonomo IL VEGABBONDO
Cena VEGAN benefit per la CAMPAGNA AIP a soli 10 euro!
Appuntamento al l.o.a. ACROBAX, via della vasca navale 6 (ponte Marconi). Bus 170, 791, 23, metro S.Paolo Basilica.
E' graditissima e consigliata la prenotazione al n. 380.3279309
VEGABBONDO
Dopo i recenti successi nazionali e internazionali di campagne contro le pellicce, che hanno convinto marchi di moda e grandi magazzini a non vendere o produrre più capi con inserti di vero pelo, è il momento di lanciare una nuova campagna su di un nome della moda italiana tra i più noti e diffuso in tutto il mondo.
Questa campagna, come tutte le altre lanciate finora da AIP o da network internazionali contro le pellicce, si basa sulla pressione, sull'informazione e sul boicottaggio dell'azienda, e non avrà termine fino a che non ci sarà un impegno aziendale verso una politica senza pellicce.
La campagna partirà ufficialmente con una giornata di mobilitazione internazionale il 22 e 23 novembre. In quei giorni si terranno proteste davanti ai negozi Max Mara e Max&Co in molte città d'Italia, ma anche in Inghilterra, Germania, Svezia, Danimarca, Belgio, Olanda, Usa, Svizzera, dove gruppi di attivisti hanno già aderito all'appello di AIP. Per maggiori informazioni sulla campagna e come sostenerla visita il sito www.maxmaracampaign.net
APPUNTAMENTI:
VENERDI 14 NOVEMBRE – ore 8.30
Protesta davanti al quartier generale del Max Mara Fashion Group.
Via Maramotti 4, Reggio Emilia
SABATO 22 e DOMENICA 23 NOVEMBRE – GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO MAX MARA
Proteste in Italia: Milano, Bologna, Torino, Roma, Pescara, Lucca, Genova, Como, Cesena, Faenza, Forlì, Bergamo.
Metà dicembre 2008, soggiorno di un appartamento signorile nel centro di una grande città del nord Italia. Pomeriggio. La bambina saltella e ride felice, non sta più nella pelle. Conterà i giorni, da adesso. Il padre la guarda sorridendo, e la gioia per quello che vede gli fa dimenticare i dubbi e le preoccupazioni. Certo, sarà un impegno che coinvolgerà tutta la famiglia, pensa. E gli sembra già di sentire le lamentele della moglie, per il pelo sui tappeti, per qualche cosa di rosicchiato. Ma piacerà a tutti, ne è sicuro, e comunque basta guardare il modo in cui brillano gli occhi della piccola, per capire che ne vale la pena. Tra l’altro, ha concluso un ottimo affare: a quel bel negozio di animali sotto casa, quello dove tanti bambini spiaccicano il naso sulle vetrine per vedere meglio, arriveranno i cuccioli giusto per Natale. Quella razza così carina, non gli viene in mente il nome, quei batuffoli che si vedono anche nella pubblicità. Ne ha prenotato uno a quasi metà prezzo rispetto a quello dell’allevamento dove aveva telefonato prima, e che oltre che caro era pure scomodo da raggiungere perché ci voleva un’ora e mezza di macchina. Meglio di così. 22 dicembre 2008, zona dell’ex confine Italo-Sloveno, sull’altipiano del Carso, sopra Trieste. Prime luci dell’alba. L’autostrada è semideserta, e l’autotreno corre veloce. L’uomo al volante, che quel viaggio lo ha fatto molte volte, pensa che è incredibile essere già in Italia. Poche ore ancora, e farà la consegna. Passare per Maribor e Ljubljana, in modo da evitare la Croazia, allunga un po’ il giro, in effetti. Ma la ricompensa per il tempo perso è l’assenza di frontiere, e di controlli doganali. Visto il carico che trasporta, è decisamente meglio così. Certo, le carte sanitarie e i documenti, a prima vista, potrebbero passare per buoni, ma una verifica approfondita farebbe venire fuori problemi seri. Soprattutto perché, durante l’ultima sosta, ha dato un’occhiata dentro il cassone, e si è reso conto che i guaiti e i lamenti sono molto calati di intensità. I tranquillanti hanno fatto effetto, sicuramente, però tra i mucchi pulsanti di esserini pelosi, ammassati in gabbie che riempiono fino al soffitto il gelido vano merci, tanti sono troppo immobili per essere semplicemente addormentati. Spiegare il motivo per cui sta trasportando decine di piccoli cadaveri sarebbe difficile. Scuotendo la testa, spera solamente che non siano più della metà come l’ultima volta. La sua percentuale calerebbe parecchio.
Vigilia di Natale, magazzino sul retro di un pet-shop, centro di una grande città del nord Italia. Mattina. I due uomini sorridono soddisfatti. Uno indossa un camice, e ha appena finito di fare numerose iniezioni. Dosi massicce di gammaglobuline e cortisone, per lo più. E’ un veterinario, e procurarsi i farmaci per lui non è un problema. Guarda l’altro, che sta sistemando i cuccioli in vetrina. Ha fatto un buon lavoro, sono vispi e saltellano giocando tra loro. Saranno irresistibili, e per qualche giorno reggeranno tranquillamente. Peccato per quello, già pagato al trasportatore, che ha avuto la crisi di convulsioni e diarrea emorragica proprio l’ultima notte. D’altronde, a poco più di trenta giorni di vita, il sistema immunitario è quello che è. Ma pazienza, erano poche decine di euro, e comunque meglio che sia morto nella sua gabbietta sul retro. Fosse stato male mentre era in vetrina, avrebbe spruzzato sangue dappertutto. Con quelli che verranno venduti sarà comunque realizzato un guadagno esponenzialmente maggiore della spesa. Si congeda dall’altro uomo, che ha molto da fare. Oggi ne consegnerà parecchi, e incasserà tanto denaro. Tra gli altri, nel pomeriggio, ha appuntamento con un signore molto simpatico che ha una meravigliosa bambina bionda, e che vive lì vicino.
Fine dicembre 2008, una cameretta colorata di un appartamento signorile nel centro di una grande città del nord Italia. Sera.
La bambina sta gridando. Grida con tutte le sue forze, uno strillo lacerante interrotto solo a tratti dai singhiozzi. E’ sporca di sangue, come gran parte del pavimento vicino alla cuccia. I genitori cercano di calmarla, abbracciandola, ma sono molto scossi anche loro. Il cucciolo ha smesso da poco di contorcersi dal dolore, e di guaire forte. Adesso è fermo, e non respira più. Le violente scariche di vomito, e l’emorragia, almeno sono finite. Nei giorni precedenti, quando aveva cominciato a stare male, il veterinario del negozio di animali era irreperibile, così come il gestore. Chiuso per ferie. Nella clinica dove si erano precipitati erano stati effettuati esami, e somministrati farmaci. Stavano per portarcelo nuovamente la mattina dopo, per tentare un’ultima disperata terapia, ma ormai è troppo tardi. Sotto choc, la bambina passa lo sguardo, gli occhi sbarrati e spenti, dal corpicino ai suoi piedi alle luci intermittenti dell’albero di Natale nella stanza accanto. Il suo pianto si fa più debole, senza smettere, e assomiglia sempre di più al tenue lamento di una cagnolina sfinita, magra e tremante che sta in una scatola di cartone, mille chilometri più a est. Dove fa freddo. Tanto freddo.
Oggi.
Che cosa è l’orrore? Difficile dare una risposta. In un tempo come quello che stiamo attraversando, probabilmente ce n’è troppo, intorno a noi, perché sia possibile attribuirgli dei connotati definiti. L’orrore ha mille facce, mille volti spesso rassicuranti dietro i quali nasconde bassezze e abiezioni inimmaginabili. Per quello che può valere, cercheremo di svelarne almeno uno, di renderlo il più evidente possibile, nella speranza che la consapevolezza possa divenire uno strumento di difesa per coloro che potrebbero rischiare di incontrarlo.
Non si vede come sia possibile definire senza utilizzare termini come “orrore” e “crudeltà” un traffico di esseri viventi, nati da pochissimo, indifesi e deboli, la cui convenienza viene freddamente e vigliaccamente calcolata sui sentimenti e sulle emozioni della gente. Traffico che in gran parte dei casi vede come conclusione malattie terribili e morti atroci, di cuccioli troppo piccoli, e traumi psicologici pesanti, spesso subiti da bambini.
Storie spaventose, come quella che abbiamo raccontato, sono già successe, succedono, e succederanno, tante volte. Proviamo almeno a informare, a spiegare, a far conoscere. Se grazie a questo se ne potrà evitare anche una sola, ne sarà valsa la pena.
Protesta sotto gli uffici direzionali a Reggio Emilia
Venerdì 14 novembre attivisti di Campagna AIP si sono dati appuntamento davanti agli uffici direzionali del Max Mara Fashion Group per dare ufficialmente inizio ad una campagna internazionale di pressione
e boicottaggio contro questa casa di moda emiliana che nelle sue collezioni fa largo uso di resti di cadaveri animali.
Sotto una pioggia battente dalle 08:15 del mattino quasi 30 attivisti hanno accolto dirigenti e dipendenti di Max Mara con striscioni, cartelloni raffiguranti le immagini degli animali rinchiusi ed uccisi negli allevamenti, tamburi e megafoni.
A centinaia di lavoratori è stato dato un volantino che spiega le motivazioni della campagna e mette in chiaro che essa non è diretta contro di loro ma contro il marchio per il quale lavorano e la dirigenza, la quale, nonostante Campagna AIP abbia spedito negli scorsi mesi un dossier informativo e dei filmati sull'industria della pelliccia, non si è nemmeno degnata di rispondere.
Ben sapendo che le scelte delle aziende contro le quali protestiamo e del mondo della moda in generale siano dettate esclusivamente da questioni puramente economiche, con questa protesta abbiamo voluto dare un segnale deciso ai manager del Max Mara Fashion Group mettendo in chiaro che questa campagna cesserà unicamente il giorno in cui essi sottoscriveranno una politica fur-free.Fino a quel giorno le nostre proteste davanti ai negozi continueranno al fine di far aprire gli occhi a potenziali clienti e mostrare alle persone cosa si nasconde dietro a capi d'abbigliamento decorati con pezzi di pelli di animali uccisi per elettrocuzione anale o in camere gas.
Le vostre scelte sono dettate dal profitto, e da una visione del mondo che subordina ogni forma di vita ad esso. Le nostre azioni sono dettate dalle nostre coscienze, e dalla consapevolezza che nel preciso istante in cui state leggendo queste righe milioni di individui sono rinchiusi in piccole gabbie di rete metallica nelle quali sono nati e hanno trascorso i pochi mesi della loro atroce esistenza, solo per poter confezionare inutili capi d'abbigliamento venduti nei negozi Max Mara.
Breve resoconto dell'odierna escursione in una zona del Lazio un tempo ad alta intensità venatoria.
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Quattro cacciatori trovati e allontanati, eco di spari lontani di tanto in tanto, pochi cacciatori in giro e pochi uccelli, ormai decimati da riscaldamento della temperatura, inquinamento, disboscamento, caccia e avvelenamento da pesticidi. Un prato fino all'anno scorso pieno di assassini di allodole oggi era vuoto.
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"Gui nze ghiappa biù niende" lo sconsolato commento di uno dei personaggi che abbiamo incontrato nei boschi. Che, tradotto in italiano, vorrebbe dire più o meno: "Qui non si prende più nemmeno un animale".
La soluzione? Parola di cacciatore medesimo: "Bisognerebbe vietare la caccia per dieci anni, poi vedete quanti uccelli ci sarebbero!"...
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Detto da un uomo intento a scaricare il suo fucile, pensavamo di aver toccato il fondo del genere umano. Poi sulla strada del ritorno abbiamo visto una trentina di vigliacchi imbecilli accalcati gomito a gomito intorno a uno stagno che chiamano "laghetto di pesca sportiva" e, sullo sfondo, immensi capannoni di un allevamento intensivo che segrega migliaia di vite animali, e abbiamo capito che di fondo da raschiare, nel barile, ce n'è ancora parecchio...
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La giornata comincia presto, è l'8 novembre e noi tutt* del gruppo antispecista romano (Romantispecismo) ci prepariamo a camminare con il nostro spezzone critico all'interno della manifestazione nazionale contro le pellicce, auspicando la chiusura degli allevamenti di animali da pelliccia e la fine di questa moda cruenta. I giorni antecedenti sono un'odissea di proposte, c'è chi non è del tutto favorevole a partecipare ad una manifestazione con un contenuto "massivamente corretto", ma il desiderio di comunicare comunque il nostro dissenso, la speranza di trovare contatto con nuov* attivist*, amic*, compagn* e il desiderio di crescita/aggregazione del movimento ci trova solidali.
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Così ci incontriamo tutte e tutti a piazza della repubblica alle 14.30 per il concentramento. In piazza poca gente, sono le 14.30 spaccate e più che un corteo nazionale sembra uno dei nostri presidi settimanali davanti a qualche grande magazzino; piano piano le cose migliorano: cominciamo a vedere volti amici, diverse conoscenze lontane... così tra uno scambio di idee e un abbraccio si ritorna nello spirito giusto. Cominciamo a montare striscioni e tavolo contro-informativo in attesa della partenza, diffondiamo i nostri volantini a tappeto: vademecum dell'antispecismo esternato e proposto dagli Animali dell'Aurora e campagne AIP in corso. Mentre giriamo tra la gente ci accorgiamo che stiamo diventando tantissim* ed abbiamo la sensazione che la massa di persone che partecipa al corteo, attraverso associazioni o a livello individuale, appoggi noi, esteti del nulla se l'estetica è crudeltà, con occhio complice. Spontaneamente ci si crea un cerchio attorno di interesse e approfondimento verso il movimento militante.
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Partiamo, sono circa le 15.00. Il corteo è molto lungo e solo il nostro spezzone è composto da oltre un centinaio di attiviste e attivisti roman* e ulteriormente supportato da gruppi locali dell'Abruzzo, delle Marche, dell'Emilia Romagna e della Campania. Piacevole la compagnia di percussionisti africani. Attraversiamo via Cavour e via dei fori imperiali, riempiendo anche l'aria con i nostri megafoni rivolti ai passanti, oltre agli striscioni e alle bandiere. Fumogeni artigianali ci abbracciano col loro effetto scenico. Alla fine del corteo ci si raduna a Piazza Venezia, gli organizzatori si preparano per fare i loro discorsi sul palco, noi ne approfittiamo e ci uniamo con gli ultimi fumogeni per i cori finali.
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Da Como ci arrivano messaggi complici e solidali nella lotta parallela e contemporanea svoltasi in pieno centro dal gruppo locale. "Abbiamo disposto striscioni e cartelli di aip," ci riferiscono dal nord, "ci siamo messi in semicerchio ed abbiamo messo nel mezzo una ragazza con un pc in mano dove si faceva girare il filmato degli squoiamenti. Al megafono abbiamo parlato di questa moda assassina che permette la tortura, uccisione di milioni di animali e lo sfruttamento di uomini nei paesi del terzo mondo per avere pellicce a prezzi stracciati. Della colpevolezza in primis degli stilisti che han rilanciato la pelliccia tramite gli inserti... ed abbiamo spesso evidenziato che la verità la si poteva vedere sullo schermo del pc, oppure ben edulcorata dietro le vetrine dei negozi. Anche se Como è una città molto fredda e la gente particolarmente diffidente, molti si sono fermati a vedere le immagini, a chiedere spiegazioni ed alcuni anche a dare un contributo. Abbiamo preso l'occasione per lanciare la campagna contro Max Mara, invitando tutti al primo presidio a Como del 22/11."
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Considerazioni a posteriori: i cori del nostro dissenso verso questo mondo antropocentrico e insensibile sono stati forti nel ribadire ancora una volta che la lotta per la liberazione animale non può prescindere da quella della liberazione umana, e che quindi va presa anche una posizione anti autoritaria, anti sessista, anti razzista. ANTISPECISTA - E'- ANTIRAZZISTA! Il nostro rammarico è stato quello di notare presenze ambigue aperte a correnti neofasciste. Allo stesso modo c'era, tra la folla, chi protestava contro l'utilizzo di pellicce con abbigliamento cruelty fashion. Speriamo comunque che il vederci così forti e... alternativi apra gli occhi a chi finora non ha riflettuto.
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Questi eventi, nel loro insieme, hanno mostrato una buona riuscita. Una critica costruttiva deve essere anche quella di una scelta più radicale e non qualunquista di alcuni marchi e etichette, dai nomi accattivanti ma dai contenuti discutibili, di partecipanti passivi. Non ci riferiamo alle associazioni storiche. Le nostre bandiere dai colori nero e verde hanno lanciato messaggi e contenuti importanti e non rappresentavano né veicolavano alcun logo.
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Questo è un video autoprodotto sul corteo.
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Noi, spezzone antispecista critico romano, abbiamo trovato conferma della nostra unità, crescita numerica e qualitativa: parametri essenziali per le prossime lotte di liberazione animale.
Per rinfrescare la memoria, ecco un video sulla campagna contro le pellicce di un paio d'anni fa, i cui obiettivi sono già stati raggiunti...
Non sono ancora state accertate le cause della caduta di Birillo, il cavallo di una botticella che questa mattina è stato colto da un malore, nei pressi del Colosseo. I simpatici vetturini hanno dichiarato che un camion gli è passato molto vicino a tutta velocità e che il cavallo, per lo spavento, abbia poggiato male le zampe sui sampietrini per poi accasciarsi a terra. Il veterinario accorso sul posto ha deciso l'abbattimento dell'animale tramite un'iniezione letale, dopo aver constatato diverse fratture, tra cui quella della tibia.
Queste sono le parole del sottosegretario alla salute Francesca Martini: «Sono costernata dalla gravità dell'accaduto e confermo la mia grande preoccupazione per una situazione che, sotto gli occhi di tutti e quotidianamente, evidenzia un inaccettabile fattore di rischio per i cavalli che trainano le botticelle in un traffico caotico e convulso come quello di Roma. Questo episodio è un'ulteriore testimonianza di incompatibilità tra norme di tutela della salute e dell'incolumità dei cavalli e il traffico urbano del centro di Roma. Convocherò immediatamente il Tavolo ministeriale sul tema già istituito concordemente con il competente Assessore del Comune», ha concluso il sottosegretario.
Questa è invece la dichiarazione del sindaco: «È stato un incidente. È stato necessario abbattere l'animale. Purtroppo una normale procedura veterinaria. Mi auguro che non si speculi su un doloroso incidente. Non è il sottosegretario che decide che cosa succede a Roma. Le botticelle sono in regola».
«È stata una tragica fatalità. Una grave perdita. Spero che non ci sia speculazione sul caso», ha aggiunto l'assessore all'ambiente Fabio De Lillo. Il cavallo «stava agonizzando. Quando è stato constatato che sarebbe morto ugualmente, è stato prima addormentato e poi abbattuto».
Birillo (sembra quasi che il nome abbia segnato il suo destino) non è la prima vittima di questa tradizione romana, e credo che non sarà nemmeno l'ultima. Siamo sempre dell'idea che nessun animale debba subire alcuna imposizione da parte dell'uomo, tantomeno se l'unico guadagno di cui esso possa beneficiare è la morte, la fine cioè di ogni sofferenza, tortura, stress e frustrazione.
Che maledizione invece per il vetturino, ora senza cavallo e senza lavoro! Speriamo solo che con questo sporco mestiere non abbia guadagnato abbastanza soldi da poterne comprare un altro. Ma ci sono sempre le file di collocamento...